AIS

2020/16

La rivincita della scienza sul senso comune? Gli orientamenti di fiducia degli italiani all’inizio dell’emergenza Covid 19 (A revenge of science on common sense? Italians’ attitudes and trust towards science at the beginning of the Covid-19 emergency), di Monia Anzivino, Flavio Ceravolo, Michele Rostan


Nelle prime fasi della diffusione in Italia dell’emergenza Covid-19, la fiducia espressa dagli italiani nei confronti delle istituzioni scientifiche è stata molto alta. Lo mostrano i dati di alcune ricerche campionarie condotte in quel periodo. Molti commentatori hanno salutato il grande consenso mostrato dagli italiani alle istituzioni scientifiche e ai numerosi scienziati esperti che si avvicendavano sui media come un’importante rivincita della scienza nei confronti del nuovo senso comune antiscientifico. A ben vedere, tuttavia, gli italiani hanno sempre espresso valori alti di fiducia nella scienza in quanto tale. Più spesso a essere criticate sono state le attività degli attori istituzionali scientifici. La diffusione di comunità di pensiero antiscientifico, in gran parte aumentata dai processi di disintermediazione dell’informazione sui canali digitali, ha insinuato nella società una cultura del sospetto antiscientifico, soprattutto nei confronti delle possibili collusioni fra istituzioni scientifiche e poteri più o meno occulti. L’ipotesi principale dell’articolo è che la pandemia ha in parte alimentato l’elevata fiducia degli italiani nei confronti delle istituzioni scientifiche e sanitarie, ma non si tratta di una fiducia del tutto consolidata. Per controllare questa ipotesi si è fatto ricorso a una indagine campionaria realizzata proprio in corrispondenza con l’introduzione graduale da parte del governo delle misure di isolamento sociale e di chiusura delle attività. I dati mostrano una crescente fiducia nelle istituzioni scientifiche e sanitarie lungo tutto il periodo della rilevazione. Le risposte di una parte degli intervistati mostrano, tuttavia, una certa incoerenza. A fronte di un’alta fiducia espressa nei confronti delle istituzioni scientifiche e sanitarie, le stesse persone mostrano di credere (con un differente livello di adesione) alla tesi della costruzione in laboratorio del virus, ampiamente rigettata dalla comunità scientifica con molti interventi di spiegazione su tutti i media. Il radicamento del sospetto antiscientifico potrebbe essere maggiore di quanto si pensi e forse celebrare la rivincita della scienza è un po’ prematuro.

The main hypothesis of the article is that the pandemic phenomenon has partly increased the level of trust the Italian people have in scientific and health institutions, but it is not a completely consolidated trust. To control this hypothesis, a sample survey was carried out in correspondence with the gradual introduction by the government of measures of lock-down. The data shows increasing trust in scientific and health institutions throughout the survey period. The responses of some respondents, however, show a certain level of incoherence. Many people declaring a high level of trust towards the scientific and health institution show (to different degrees) confidence in the idea that the virus was created in a laboratory, a thesis widely rejected by the scientific community with many explanations in the media. The rooting of anti-scientific beliefs may be much higher than suspected by commentators, and the celebration of a revenge of science may be premature.

Introduzione

La fiducia dei cittadini nella scienza è diventata negli ultimi anni oggetto di dibattito pubblico e di indagine scientifica. Si sono fatti strada nuovi termini come quelli di fake news, post verità e pseudoscienza che rimandano più o meno direttamente alla constatazione di una crisi di credibilità sociale della conoscenza scientifica che ha molteplici cause (Picardi 2019; Pellizzoni 2019; McIntyre 2017; Fuller 2018; Tipaldo 2019; Quattrociocchi e Vicini 2018). Nonostante la quota di cittadini che si esprimono favorevolmente verso la scienza sia maggioritaria (Observa 2019, European Commission 2013), e la fiducia negli scienziati si mantenga superiore a quella in altri attori sociali (Pew Research Center 2019; Observa 2020), sembrano diffondersi nel mondo occidentale posizioni apertamente critiche verso il sapere esperto e sembra crescere il numero di cittadini disponibili ad aderire a teorie cospirative e a un nuovo senso comune che spesso assume atteggiamenti di tipo marcatamente antiscientifico (Nichols 2017). Gran parte di questa nuova ondata di posizioni antiscientifiche non critica tanto l’attendibilità del metodo scientifico in sé o gli scienziati stessi, quanto il ruolo delle istituzioni scientifiche nei processi regolativi della società contemporanea, mettendone in dubbio l’indipendenza da poteri forti occulti (Picardi 2019; Pellizzoni 2019). Si tratta quindi di una crisi che rimanda a una delle dimensioni che la fiducia può assumere, quella istituzionale (Mutti 1998). La diffusione di un senso comune antiscientifico sarebbe, inoltre, dovuta in gran parte ai processi di disintermediazione dell’informazione resi possibili dall’avvento dei social-media e dai processi di (presunta) democratizzazione della rete (van Dijck 2018; Rochlin 2017; Trench 2007; Benhabib 1996).

La fiducia dei cittadini nella scienza, peraltro, resta un elemento fondamentale del funzionamento delle società moderne, poiché aiuta a ridurre la complessità sociale di sistemi altamente differenziati, in cui la conoscenza è fortemente specializzata (Luhmann 1991; Gibbons et al. 1994). Il ruolo degli atteggiamenti dei cittadini nei confronti della scienza – oltre a essere importante per la possibilità stessa di fare ricerca scientifica – è particolarmente rilevante quando da questi atteggiamenti derivano la legittimazione, il sostegno e la messa in pratica di politiche pubbliche capaci di rispondere a emergenze collettive (Commissione Europea 2001). In tempo di pandemia, la fiducia nella scienza e negli esperti è tanto più rilevante poiché è collegata al rispetto delle regole di salute pubblica e delle restrizioni imposte dai governi per la tutela della collettività (Siegrist e Zingg 2014). Sappiamo poco, tuttavia, su che cosa la alimenti e sulla sua evoluzione durante una circostanza così specifica, anche se alcune indicazioni mostrano che le situazioni di emergenza accrescono la fiducia generalizzata nelle autorità (Falcone et al. 2020).

Questo articolo intende mettere alla prova una tesi che si è fatta strada nel discorso pubblico italiano durante il primo periodo dell’emergenza Covid-19. Molti commentatori hanno celebrato la rivincita della scienza sul senso comune perché in un momento di crisi particolarmente acuta si sarebbe osservato un aumento della fiducia nelle istituzioni scientifiche e sanitarie[1]. Dobbiamo tuttavia chiederci quanto questa rivincita poggi davvero sul pieno sostegno alla comunità scientifica o quanto, invece, non dipenda dalla tensione emotiva prodotta dalla preoccupazione per i rischi prodotti dalla pandemia.

Intendiamo, quindi, mettere alla prova l’ipotesi che l’alto livello di fiducia nelle istituzioni scientifiche e sanitarie osservato fin dall’inizio della crisi sia associato, almeno in parte, all’elevato livello di allarme sociale che la pandemia ha provocato. La relazione fra allarme sociale e fiducia delle istituzioni non può essere tematizzata attraverso un unico verso causale, ma più come un insieme di continui meccanismi di azione e retroazione fra i due elementi. Il nostro lavoro, tuttavia, muove dall’assunto che l’allarme sociale abbia avuto un ruolo di attivazione iniziale di questi meccanismi. A questa prima ipotesi ne aggiungiamo un’altra che riguarda gli effetti della pandemia su alcune credenze delle persone coinvolte nell’emergenza. Ci si può attendere, infatti, che all’alto livello di fiducia nelle istituzioni scientifiche, alimentato dalla situazione di emergenza, si accompagni una limitata adesione a credenze che la comunità scientifica ritiene infondate. Se così non fosse, potremmo ritenere che l’adesione a credenze antiscientifiche abbastanza diffuse non sia stata scalfita dall’allarme prodotto dall’emergenza, a testimonianza di un radicamento ormai piuttosto profondo di una cultura del sospetto verso le istituzioni scientifiche. Saremmo, allora, obbligati ad avanzare qualche dubbio sui fondamenti della presunta rivincita della scienza durante l’emergenza sia perché essa sarebbe legata alla contingenza della crisi sia perché l’alto livello di fiducia nelle istituzioni scientifiche non sarebbe stato in grado di incrinare le credenze antiscientifiche già presenti prima dell’emergenza (Tipaldo 2019; Corbellini 2019; Mancosu et al. 2017).

Per controllare queste ipotesi abbiamo utilizzato i dati raccolti da un’indagine campionaria realizzata dal CIRSIS, il Centro Interdipartimentale di Studi e Ricerche sui Sistemi di Istruzione Superiore dell’Università di Pavia, fra il 5 e il 14 marzo 2020, in corrispondenza con l’introduzione graduale delle prime misure restrittive varate dal Governo.

Ai fini dell’articolo è molto importante precisare le caratteristiche del periodo in cui è avvenuta la rilevazione. Il primo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (d’ora in poi DPCM), varato dal Governo per allargare all’intera Lombardia e ad altre 14 province italiane le zone rosse di Codogno e Vo’ Euganeo (istituite con decreto-legge il 23 febbraio) è datato 8 marzo ed entra in vigore il giorno seguente. Nel giro di sole ventiquattro ore – il 9 marzo – il Governo estende le restrizioni previste dal decreto precedente a tutto il territorio nazionale. Infine, con il DPCM dell’11 marzo il Governo dispone la chiusura delle attività produttive e commerciali, proprio mentre l’OMS etichetta Covid-19 come pandemia.

Nello stesso periodo, a partire dal 28 febbraio, la Protezione Civile organizza tutti i giorni alle ore 18 una conferenza stampa per fornire dati e aggiornamenti sul numero di persone positive al virus, decedute o guarite. Dal 4 marzo, il giorno precedente l’inizio delle interviste, al 14 marzo, il giorno precedente la fine della rilevazione, il numero delle persone coinvolte dalla pandemia passa da 3.089 a 17.660 (quasi sei volte tanto) e quello dei decessi da 107 a 1.266 (quasi dodici volte tanto). In queste due settimane, l’allarme sociale per l’epidemia è già alto. Il 26% degli intervistati è molto preoccupato per la situazione creata dalla diffusione del virus e il 54% lo è abbastanza. Il 32% aveva cominciato a preoccuparsi fin dalle prime notizie giunte dalla Cina, il 9% con il ricovero della coppia di cittadini cinesi a Roma, il 24% con la notizia del contagio di Codogno e Vo’ Euganeo e il 36% con la rapida diffusione del contagio nelle altre regioni d’Italia. Alla diffusione del virus, corrisponde una forte domanda di informazione da parte dei cittadini. Nelle due settimane precedenti l’intervista, quasi tutti gli intervistati si erano tenuti informati sulla situazione causata dal virus: il 60% tutti i giorni, molte volte al giorno, e il 40% una o due volte al giorno.

Nel presentare e commentare i dati raccolti è, dunque, necessario tener conto che gli intervistati hanno risposto alle domande del questionario in una situazione di forte esposizione ai media, caratterizzata dal rapido aggravarsi della crisi sanitaria e da un serrato succedersi di interventi governativi straordinari. In una parola, essi hanno espresso i loro orientamenti in condizioni eccezionali.

Dati e metodi

L’indagine è stata realizzata con metodo CATI somministrando un questionario strutturato a un campione rappresentativo di 1.500 cittadini italiani maggiorenni al momento dell’intervista[2]. L’utilizzo delle interviste telefoniche presenta ovviamente tutti i limiti campionari ben descritti in letteratura. In particolare bisogna tenere presenti gli ineliminabili errori di copertura, spesso concentrati in alcuni gruppi sociali (giovani e single). Questi errori sono spesso connessi alla mancanza di un’utenza fissa. D’altra parte, poiché quasi tutte le interviste hanno avuto luogo durante il periodo di isolamento, si è potuta notare una maggiore facilità nel reperire soggetti anche in quote della popolazione solitamente meno accessibili[3].

Il campione di rispondenti è stato stratificato rispetto alla zona geografica e alla dimensione del comune di residenza. Le zone geografiche prese in considerazione sono state scelte sulla base dei dati di diffusione dei contagi forniti dalla Protezione Civile. L’intento era disporre di una adeguata numerosità campionaria nelle aree geografiche che fino a quel momento erano maggiormente interessate dalla diffusione del virus. È stato quindi operato un sovra-campionamento nelle tre regioni in cui la diffusione dei contagi era sensibilmente superiore alla media italiana: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto[4]. Le altre aree territoriali sono state aggregate rispettivamente in: altri comuni del Nordovest, altri comuni del Nordest, Centro, Sud e Isole.

La stratificazione rispetto alla dimensione dei comuni è stata calcolata all’interno di ogni area territoriale in modo tale da garantire un adeguato e omogeneo grado di rappresentatività per queste classi: comuni fino a 10.000 abitanti, comuni con popolazione compresa fra 10.000 e 50.000 abitanti, tra 50.000 e 250.000, e con più di 250.000 abitanti. All’interno degli strati di campionamento così ottenuti, la scelta delle unità è avvenuta in maniera casuale dall’archivio informatico degli elenchi telefonici. Oltre a questi criteri di stratificazione, nel corso della rilevazione è stata tenuta sotto controllo, con coefficienti di correzione campionaria, anche la distribuzione dei caratteri anagrafici rilevati sulla popolazione (sesso, classe di età e livello di istruzione), secondo i dati forniti dall’ultima rilevazione censuaria ISTAT.

Gli obiettivi della ricerca sono sostanzialmente quattro: (a) rilevare il grado di allarme sociale suscitato dalla crisi Covid-19; (b) indagare attraverso quali mezzi gli italiani si siano tenuti informati sull’evoluzione della situazione; (c) valutare quanto i cittadini abbiano ritenuto affidabili alcuni attori, istituzionali e non, nel fornire informazioni; (d) raccogliere informazioni sui comportamenti effettivamente praticati nella vita quotidiana per proteggersi dal contagio o per evitare di esporre altri al pericolo. Ci concentreremo soprattutto sui dati raccolti per analizzare il primo e il terzo tema, mettendo in secondo piano la parte della rilevazione che riguarda i mezzi di informazione e tralasciando i comportamenti di protezione.

Il livello di allarme è stato indagato con diverse domande che chiedevano agli intervistati di esprimere il loro livello di preoccupazione in una scala da 1 a 10 per (a) la salute pubblica, (b) la salute propria e dei propri cari, (c) le conseguenze per l’economia italiana, (d) le conseguenze economiche per la propria situazione individuale e per quella della propria famiglia. Le distribuzioni dei punteggi mostrano che le preoccupazioni per la salute rilevate dalla ricerca sono molto rilevanti anche se di poco inferiori a quelle per l’economia e che, al tempo, gli italiani sembravano più preoccupati per le conseguenze generali sulla società italiana che per le eventuali ricadute individuali. In base a questa stessa batteria abbiamo calcolato due indici, uno riguardante la preoccupazione per la salute e uno riguardante la preoccupazione per l’economia.

Coerentemente con il secondo obiettivo di ricerca, per indagare quali strumenti informativi gli italiani abbiano utilizzato è stato proposto loro un elenco di 10 possibili strumenti[5]. Quasi tutti i rispondenti hanno fatto ricorso ai telegiornali per raccogliere informazioni (94%), ma l’utilizzo di strumenti digitali è notevolmente cresciuto nel tempo, di pari passo con la severità delle misure di isolamento introdotte dal governo. Sulla base delle informazioni così raccolte, tenendo conto delle numerosità relative, abbiamo sviluppato tre indici dicotomici: utilizzo o meno dei giornali (cartacei o online), utilizzo o meno dei telegiornali, utilizzo o meno di canali digitali gestiti da opinionisti, blogger, influencer o altre fonti indipendenti.

Rispetto al terzo obiettivo sopra indicato, è stato chiesto agli intervistati di assegnare un punteggio da 1 a 10 per esprimere quanto ritenessero affidabili le informazioni provenienti dalle seguenti fonti: governo nazionale, partiti di opposizione a livello nazionale, governo regionale, Organizzazione Mondiale della Sanità (d’ora in poi OMS), Istituto Superiore della Sanità (d’ora in poi ISS), scienziati esperti del problema e medici di famiglia, giornalisti, opinionisti, influencer e blogger indipendenti. Per gli scopi specifici di questo articolo, ci siamo concentrati sui punteggi assegnati a OMS, ISS e scienziati esperti del problema, considerandoli come afferenti a una stessa categoria di attori che potremmo definire come “istituzioni scientifiche e sanitarie”. Sotto questa etichetta possono essere raccolte sia le due istituzioni sia i singoli scienziati, tenuto conto che la distribuzione dei punteggi assegnati dagli intervistati alle informazioni provenienti da queste tre fonti appare del tutto simile[6].

Abbiamo di conseguenza calcolato un indice costituito dalla media standardizzata dei punteggi rilevati per l’affidabilità delle notizie provenienti da OMS, ISS e scienziati esperti del settore che abbiamo definito quindi come indice di fiducia nelle informazioni provenienti da fonti medico-scientifiche istituzionali (d’ora in poi abbreviato in FIMS)[7].

Oltre a raccogliere informazioni analitiche sugli interrogativi appena enunciati, il questionario ha rilevato le informazioni socio-anagrafiche di base quali genere, età, istruzione e posizione professionale. Il titolo di studio è stato rilevato in sei modalità: nessun titolo o licenza elementare, licenza media, diploma di maturità, laurea, titoli post-laurea (master o dottorati, ecc.). Per le ultime due categorie, ai rispondenti è stato chiesto di indicare l’ambito disciplinare. Questa informazione è stata poi ricodificata in due categorie: discipline scientifico-tecnologiche (ambito STEM) oppure altre discipline. La posizione occupazionale è stata rilevata combinando (per esigenze di brevità nella somministrazione) la condizione rispetto al lavoro e una classificazione semplificata delle occupazioni ottenendo così otto modalità: dipendente pubblico, dipendente privato, lavoratori parasubordinati o parzialmente autonomi, imprenditori o autonomi e liberi professionisti, non occupati, casalinghe, pensionati e ritirati dal lavoro, studenti. La variabile originale è stata poi ricodificata tenendo conto delle numerosità e inserendo in un’unica categoria parasubordinati e tutti gli imprenditori-autonomi-liberi professionisti. La medesima procedura è stata applicata riunendo non occupati, casalinghe e pensionati: si è così ottenuta una variabile a cinque categorie più adatta ai modelli di regressione che presenteremo nel prossimo paragrafo nel dettaglio.  

L’intervista terminava con la richiesta di esprimere il proprio grado di accordo (con una scala Likert a quattro modalità) con una serie di affermazioni. Fra queste, due sono state impiegate nelle nostre analisi. In particolare, abbiamo utilizzato il grado di accordo con l’affermazione “i virus si curano con gli antibiotici” come indicatore del livello di conoscenza scientifica di base degli intervistati e il grado di accordo con la frase “il coronavirus è stato creato in laboratorio” per esplorare la diffusione fra gli intervistati di credenze antiscientifiche che rimandano più o meno esplicitamente a teorie complottiste[8].

 

Figura 1 Distribuzione dei punteggi di affidabilità attribuiti alle informazioni provenienti da OMS, ISS, scienziati ed esperti e dell’indice FIMS

08_figura 1

(Fonte: nostra elaborazione su dai Covid-19 – CIRSIS)

Le analisi

Prima di addentrarci nel percorso di analisi è opportuno richiamare schematicamente le ipotesi che intendiamo controllare. L’ipotesi di partenza è che l’elevato livello di fiducia assegnato dai cittadini alla comunità scientifica durante le prime fasi della crisi, sia associato a fattori contingenti di preoccupazione diffusa. Ci aspettiamo, inoltre, che in corrispondenza dell’alta fiducia espressa dai cittadini, la loro disponibilità ad aderire a credenze antiscientifiche, come quella che il virus sia stato creato in un laboratorio, sia limitata. Durante la fase di rilevazione, questa tesi era già stata smentita dalla comunità scientifica, ma non aveva ancora trovato grande risalto sui mass-media.

Secondo i dati raccolti, il livello di fiducia cresce con l’aggravarsi della preoccupazione dei cittadini. I punteggi dell’indice FIMS passano da una media di 7,58 nelle interviste condotte il 5 marzo a una media di 8,51 in quelle condotte il 14 marzo[9]. Per indagare i fattori associati alla fiducia espressa dai cittadini verso le informazioni offerte dalle istituzioni scientifiche e sanitarie, abbiamo calcolato un modello di regressione lineare, utilizzando come variabile dipendente l’indice FIMS sopra descritto. Le variabili esplicative inserite sono gli indici di preoccupazione per la salute e per l’economia. Nei modelli sono state inserite alcune variabili di controllo quali il genere, l’età, il titolo di studio, la posizione professionale, la dimensione e la collocazione geografica del comune di residenza. Un’altra importante dimensione di controllo è rappresentata dai canali utilizzati per informarsi, inserita nei modelli con indicatori dicotomici (giornali cartacei e on line, telegiornali, website e social gestiti da soggetti indipendenti). Infine, per tenere conto del livello di conoscenza scientifica di base degli intervistati, abbiamo inserito il grado di accordo con l’item “i virus si curano con gli antibiotici” ricodificato in forma dicotomica. Esso assume valore 0 per coloro che hanno risposto di non essere per nulla d’accordo e valore 1 per tutti gli altri.

L’analisi dei parametri presentati nella tavola 1 conferma la natura contingente della fiducia nelle informazioni fornite dalle istituzioni scientifiche e sanitarie. Al netto di tutti gli altri indicatori inseriti nel modello, possiamo osservare un’associazione rilevante dell’indice di preoccupazione rispetto alla salute (+0,19)[10] con il livello di fiducia nelle informazioni fornite dalle istituzioni scientifiche e sanitarie. Peraltro, calcolando lo stesso modello senza inserire gli indici di preoccupazione si ha una diminuzione rilevante della varianza complessiva riprodotta[11]. La preoccupazione per le conseguenze economiche non mostra, invece, alcuna associazione statisticamente significativa con il livello di fiducia.

Tavola 1 Parametri di regressione lineare (B non standardizzati) sull’indice FIMS

 

Beta

Intercetta

7,64

Indice di preoccupazione per la salute

0,19***

Indice di preoccupazione per l’economia

-0,02

Età

-0,03***

Donna (rif.)

-

Uomo

-0,24***

Elementari medie o nessun titolo (rif.)

-

Diploma di maturità

0,15

Laurea in discipline di ambito STEM

0,43***

Laurea in discipline di ambito non STEM

0,01

Dipendente pubblico (rif.)

-

Dipendente privato

-0,14

Autonomo, semiautonomo o libera professione

-0,14

Casalinga, pensionato, disoccupato

-0,16

Studente

-0,32

I virus si curano con gli antibiotici

(molto + abbastanza + poco d’accordo vs per nulla)

-0,32***

Ha utilizzato i giornali (cartacei e on line) per informarsi sulla crisi

0,02

Ha utilizzato i telegiornali per informarsi sulla crisi

0,25

Ha utilizzato Website e social di opinionisti indipendenti

per informarsi sulla crisi

-0,02

Comune di residenza fino a 10.000 abitanti

-0,12

Comune di residenza fra 10.001 e 50000 abitanti

-0,07

Comune di residenza fra 50.001 e 250000 abitanti

-0,09

Comune di residenza oltre 250000 abitanti (rif.)

-

Lombardia (rif.)

-

Veneto

0,04

Emilia Romagna

0,06

Altre regioni Nord Ovest

0,20

Altre regioni Nord Est

0,14

Centro

-0,034

Sud

-0,06

Isole

-0,08

Soglie di significativita statistica: *p-value < 0,05, **p-value < ,01, ***p-value < 0,001 R=0,38;R2=0,14, F-test=10,5 sig. 0,000.

 

Per controllare se all’alto livello di fiducia corrisponda anche una minore disponibilità a credere a tesi antiscientifiche complottiste, abbiamo confrontato la distribuzione dell’indice di fiducia nelle informazioni provenienti da istituzioni scientifiche e sanitarie con il grado di accordo dichiarato dagli intervistati rispetto all’item “il coronavirus è stato creato in laboratorio”. L’analisi della varianza mostra che le medie dell’indice FIMS sono stocasticamente differenti all’interno delle differenti categorie di accordo con l’item proposto (tavola 2). Chi non crede alla genesi artificiale del virus mostra una fiducia maggiore nelle fonti istituzionali scientifiche. Basandoci su questo risultato, abbiamo combinato l’indice di fiducia con il grado di accordo con l’item sull’origine del virus, per valutare la possibilità di individuare tipi ideali capaci di esprimere la coerenza o l’incoerenza tra questi due orientamenti.

 

Tavola 2 Analisi della varianza dell’indice FIMS rispetto al grado di accordo con

 l’item “il Coronavirus è stato creato in laboratorio”

 

Grado di accordo

N

Media

Deviazione std.

Errore std.

Per nulla

477

8,4

1,3

0,06

Poco

603

8,0

1,2

0,05

Abbastanza

310

7,8

1,4

0,08

Del tutto

110

7,9

1,7

0,16

Totale

1500

8,1

1,3

0,03

 

F-test= 13,37, sig. 0,00

I rispondenti sono stati classificati in tre gruppi sulla base della distribuzione del punteggio dell’indice FIMS al 33° e al 66° percentile. Il gruppo centrale si distribuisce più o meno simmetricamente attorno alla media dell’indice, mentre gli altri due identificano rispettivamente coloro che hanno assegnato punteggi inferiori (<= 7,67 su 10) o superiori (>= 8,68). Inoltre, così come abbiamo fatto per l’item relativo all’utilizzo degli antibiotici per la cura dei virus, abbiamo diviso in due categorie il grado di accordo con l’affermazione circa le origini del Coronavirus. Nel primo gruppo abbiamo inserito chi non crede che il virus sia stato creato in laboratorio (per nulla d’accordo con l’item), nel secondo gruppo sono invece inseriti tutti gli altri, cioè chi ha risposto di essere del tutto, abbastanza o anche poco d’accordo con l’item proposto.

Incrociando le due nuove variabili possiamo tratteggiare quattro profili tipici. Si può notare immediatamente la presenza di un consistente gruppo di persone, pari al 41,5% del campione (22,2%+19,3%), che crede nella possibilità che il nuovo Coronavirus sia stato creato in laboratorio pur avendo assegnato all’affidabilità delle informazioni di fonte medico-scientifica un punteggio vicino alla media dell’indice o avendo addirittura espresso punteggi più alti (tavola 3). Abbiamo definito questo gruppo di rispondenti come “incoerenti complottisti” per segnalare questa manifesta contraddizione.

 

Tavola 3 Distribuzione dei rispondenti sull’indice FIMS e rispetto alla credenza sulla genesi artificiale del Covid-19 (Percentuali sul totale del campione, N=1.500)

Indice FIMS

Il Coronavirus è stato creato in laboratorio?

 

No

Totale

<= 7,67

26,7%

8,6%

35,3%

7,68-8,67

22,2%

9,7%

31,9%

>= 8,68

19,3%

13,5%

32,9%

Totale

68,2%

31,8%

100,0%

 

Chi Sq. Pearson = 33,9 sig. 0,00

Legenda colori:

incoerenti complottisti

coerentemente pro-scienza

coerentemente anti-scienza

diffidenti critici

 

I dati indicano anche la presenza di due profili caratterizzati da credenze coerenti. Il primo, pari al 23,2% del campione (9,7%+13,5%), è costituito da chi ha espresso punteggi intorno alla media o superiori a essa sull’indice FIMS e coerentemente ha dichiarato di non credere per nulla alla genesi artificiale del SARS-CoV-2. Potremmo definire sinteticamente questi individui come “coerentemente pro-scienza”. Il secondo gruppo riunisce invece chi ha assegnato bassa credibilità alle informazioni provenienti dalle istituzioni scientifiche e sanitarie (punteggio sensibilmente inferiore alla media sull’indice FIMS) e dà credito alla tesi della creazione in laboratorio del virus (26,7%). Potremmo riferirci a queste persone come “coerentemente anti-scienza”. Infine, un ultimo gruppo (8,6%) è composto da persone che mostrano una certa prudenza nel fidarsi delle informazioni scientifiche istituzionali, ma allo stesso tempo dichiarano di non credere per nulla che il Coronavirus sia stato creato in laboratorio. Li abbiamo definiti “diffidenti critici”. Sulla base dei quattro profili individuati sulla base degli incroci presentati nella tavola 3, è stato calcolato un indice tipologico riassuntivo.

Per controllare se l’appartenenza ai profili tipico-ideali sia associata al livello di preoccupazione espressa dai rispondenti, abbiamo calcolato un modello di regressione logistica multinomiale. La variabile dipendente del modello è costituita dall’indice tipologico appena costruito. Nel modello abbiamo scelto come categoria di riferimento il gruppo dei cittadini coerentemente pro-scienza. Le variabili esplicative, così come nel modello precedente, sono costituite dai due indici di preoccupazione (per la salute e per l’economia) e le variabili di controllo utilizzate sono le stesse del modello precedente.

I parametri della regressione logistica ci aiutano a comprendere meglio quali siano i fattori che alimentano le posizioni coerentemente o incoerentemente antiscientifiche (tavola 4). A parità di tutti gli altri fattori, infatti, al crescere della preoccupazione per la salute diminuisce la probabilità di appartenere al gruppo dei diffidenti critici o di chi è coerentemente anti-scienza piuttosto che al gruppo coerentemente pro-scienza. Questo indica che mentre l’alto livello di fiducia nelle istituzioni scientifiche e sanitarie è, almeno in parte, attribuibile al livello di allarme, l’adesione alla credenza sull’origine artificiale del virus non varia in funzione della preoccupazione.

Tavola 4 Parametri dei modelli di regressione multinomiale sull’indice di coerenza fra credenze sull’origine artificiale del SARS-CoV-2 e fiducia nelle informazioni provenienti da istituzioni medico-scientifiche (indice FIMS ricodificato)

 

Diffidenti

critici

Incoerenti

complottisti

Coerentemente anti-scienza

 

B

B

B

 

 

 

 

Intercetta

-0,41

-1,44

-0,7

Indice di preoccupazione per la salute

-0,29***

0,03

-0,18***

Indice di preoccupazione per l’economia

0,00

0,07

0,05

Età

0,03***

0,01

0,03***

Uomo

0,34

-0,14

0,24

Donna (rif.)

-

-

-

Licenza media o minore

0,24

0,92**

1,17***

Diploma di maturità

0,03

1,02***

0,79*

Laurea in discipline non STEM

0,18

0,76*

0,82*

Laurea in Discipline STEM (rif.)

-

-

-

Dipendente pubblico

-0,28

-0,45

-0,75

Dipendente privato

-0,07

-0,33

-0,43

Autonomo, semiautonomo

o libera professione

-0,19

-0,32

-0,45

Casalinga, Pensionato, disoccupato

-0,09

-0,45

-0,58

Studente (rif.)

-

-

-

Lombardia

-0,22

-0,56

-0,73*

Veneto

-0,21

-0,30

-0,41

Emilia Romagna

-0,49

-0,40

-0,60

Altre regioni Nord Ovest

-0,46

-0,43

-0,79*

altre regioni Nord Est

-0,32

-0,43

-0,72

Centro

-0,18

-0,33

-0,64

Sud

-0,26

-0,1

-0,26

Isole (rif.)

-

-

-

Ha utilizzato i giornali (cartacei e on line) per informarsi sulla crisi

0,33

0,21

0,10

Non ha utilizzato i giornali (cartacei e on line) per informarsi sulla crisi (rif.)

-

-

-

Ha utilizzato i telegiornali per informarsi sulla crisi

-0,28

-0,27

-0,69*

Non ha utilizzato i telegiornali per informarsi sulla crisi (rif.)

-

-

-

Ha utilizzato siti web e social-media di opinionisti indipendenti per informarsi sulla crisi

0,17

0,17

0,41

Non ha utilizzato siti web e social-media di opinionisti indipendenti per informarsi sulla crisi (rif.)

-

-

-

I virus si curano con gli antibiotici (molto+abbastanza+poco d’accordo)

0,20

1,49***

1,9***

I virus si curano con gli antibiotici (per nulla d’accordo) (rif.)

-

-

-

Comune di residenza fino a 10.000 abitanti

0,31

0,77***

0,53*

Comune di residenza fra 10.001 e 50000 abitanti

0,39

0,55**

0,32

Comune di residenza fra 50.001 e 250000 abitanti

0,26

0,41

0,16

Comune di residenza oltre 250000 abitanti (rif.)

-

-

-

Soglie di significativita statistica: *p-value < 0,05, **p-value < 0,01, ***p-value < 0,001

Pseudo R2: Cox e Snell=0,21; Nagelkerke=0,24; McFadden=0,10. Test Verosimiglianza: Chi Sq. =379,2; sig. 0,00.

 

Alcune variabili di controllo inserite nei modelli ci possono aiutare a sviluppare la nostra riflessione. Conviene ancora una volta rimarcare che la rilevazione ha avuto luogo in un periodo densissimo di avvenimenti che ha esposto tutti gli italiani a un intenso flusso informativo e mediatico. Una parte della letteratura ipotizza che le persone più vicine a tesi antiscientifiche e complottiste utilizzino maggiormente canali digitali gestiti dai vari tipi di opinionisti indipendenti. Grazie a questi canali, privi di controllo editoriale, si formano vere e proprie comunità di pensiero che alimentano gli orientamenti antiscientifici fornendo spiegazioni tese a ridurre la complessità dei temi affrontati e a insinuare dubbi sugli scopi e sulle attività delle istituzioni scientifiche. I dati utilizzati mostrano che gli intervistati, nella prima fase di diffusione del virus in Italia, hanno fatto un ampio ricorso ai telegiornali per informarsi e, sebbene con l’evolversi della gravità della situazione sia cresciuto l’utilizzo di mezzi digitali di informazione (anche di quelli indipendenti), non si colgono associazioni statisticamente significative né con la fiducia nelle istituzioni scientifiche e sanitarie, né con la coerenza/incoerenza fra tale fiducia e le credenze sulla genesi artificiale del virus. Questo risultato potrebbe avvalorare le tesi secondo cui accedono in egual misura ai mezzi digitali le persone che hanno orientamenti antiscientifici e quelle che invece mostrano una solida fiducia nelle istituzioni scientifiche. Una parte della spiegazione dei risultati da noi presentati sul tema, tuttavia, potrebbe essere trovata nella natura eccezionale della situazione. Il suo aggravarsi potrebbe, infatti, aver indotto chi aveva a disposizione una connessione a raccogliere quante più informazioni possibili nella rete per costruirsi una propria opinione.

Non è allora irrealistico pensare che anche chi non presta attenzione alle tesi cospirative, abbia avuto accesso a canali indipendenti per seguire il contradditorio che si è sviluppato nei social fra gruppi pro e contro la scienza.

Conclusioni

I dati da noi utilizzati mostrano che i cittadini italiani, durante il primo periodo della crisi Covid-19, hanno dichiarato di fidarsi molto delle informazioni provenienti da fonti scientifiche. Una ampia letteratura ha mostrato, tuttavia, che le tensioni emergenti fra cittadini e scienza, molto evidenti negli ultimi anni, non riguardano tanto la fiducia nel metodo scientifico in sé, quanto la credibilità istituzionale della comunità scientifica come attore sociale libero di agire e comunicare senza condizionamenti da parte di altri.

Ci siamo allora chiesti se la rivincita della scienza sul senso comune antiscientifico celebrata – forse un po’ imprudentemente – da alcuni, non avesse almeno in parte una natura contingente, legata alla condizione di crisi. Coerentemente con questa idea, abbiamo ipotizzato che il livello di fiducia assegnato dai rispondenti alle informazioni provenienti dalle istituzioni scientifiche e sanitarie fosse associato al loro livello di preoccupazione durante la crisi e che questo potesse influenzare anche l’adesione a credenze antiscientifiche sul virus. Le analisi condotte hanno sostanzialmente confermato la prima ipotesi, ma hanno confutato la seconda.

Non solo i punteggi molto alti di affidabilità assegnati all’indice riassuntivo FIMS crescono sistematicamente in corrispondenza del livello di allarme, ma il primo modello di regressione (tavola 1) indica anche che, al netto di tutte le condizioni di controllo, l’indice FIMS è associato statisticamente al livello di preoccupazione dichiarato dai rispondenti. Per valutare la relazione fra il livello di affidabilità attribuita alle istituzioni scientifiche e sanitarie e le credenze sulla genesi artificiale SARS-CoV-2, abbiamo costruito un indice tipologico che combinasse le due informazioni.

L’esistenza di un folto gruppo di persone che, pur essendo disponibile a credere (anche solo un po’) alla veridicità dell’affermazione che il virus sia stato creato in laboratorio, contemporaneamente, esprime un punteggio alto sull’indice FIMS, indica che la crisi non ha significativamente influenzato gli orientamenti antiscientifici presenti in un gruppo di italiani. Anche il modello di regressione logistica mostra che, a parità di altre condizioni, il livello di preoccupazione è più basso nei due gruppi che nutrono meno fiducia nelle istituzioni scientifiche e per contro è più alto, non solo fra chi ha un atteggiamento coerentemente pro-scienza, ma anche in quelli che abbiamo chiamato coerentemente complottisti. In altre parole, potremmo affermare che la crisi Covid-19 ha reso evidenti credenze incoerenti probabilmente già presenti prima della pandemia.

Si potrà parlare di rivincita della scienza sul senso comune quando le tesi manifestamente antiscientifiche incontreranno maggiori difficoltà a diffondersi e all’aumento di fiducia nelle istituzioni scientifiche corrisponderà una coerente diffidenza rispetto a tesi complottiste. Al momento della rilevazione, la relazione fra cittadini e istituzioni scientifiche non sembra essere tanto consolidata da impedire il dilagare delle teorie del sospetto nemmeno in una situazione di grandissima emergenza come quella in cui gli italiani hanno vissuto già fin dalle prime settimane della crisi.

L’analisi dell’associazione dei canali di informazione (che nel nostro modello abbiamo trattato soprattutto come variabili di controllo) ha comunque messo in evidenza che, come una parte della letteratura sostiene da tempo, l’utilizzo dei media digitali è egualmente distribuito fra chi è più vicino a tesi antiscientifiche e chi, invece, esprime maggiore fiducia nelle istituzioni scientifiche. Non possiamo tuttavia dimenticare che questi risultati sono frutto di una rilevazione che è avvenuta in un periodo drammatico e molto intenso dal punto di vista comunicativo e che per questo è necessario trattarli più come un richiamo a indagare ulteriormente la questione piuttosto che una chiara risposta a essa.

Più robusti appaiono i risultati sul ruolo della conoscenza scientifica di base. Essa è stata rilevata tramite il grado di accordo con l’item “i virus si curano con gli antibiotici”. In entrambi i modelli chi mostra una migliore conoscenza di base esprime anche una maggiore fiducia nelle istituzioni scientifiche e ha minori probabilità di aderire a credenze antiscientifiche. Il possesso di un titolo universitario di tipo scientifico-tecnologico (STEM), inoltre, influenza sia il livello di fiducia nelle informazioni provenienti dalle istituzioni scientifiche e sanitarie, sia il rifiuto della tesi sulla creazione del virus in laboratorio. È ragionevole pensare che chi ha qualche elemento di conoscenza scientifica si affidi di più alle fonti istituzionali della scienza. Probabilmente, avere acquisito un titolo universitario STEM aumenta ulteriormente non solo la comprensione dei linguaggi della comunità scientifica, ma anche la consapevolezza delle difficili dinamiche che la attraversano. Al contrario, studi universitari di altro tipo potrebbero alimentare una maggiore disposizione critica nei confronti del funzionamento di ogni comunità professionale, compresa quella scientifica. In altre parole, soprattutto chi ha conseguito una laurea (o un titolo più avanzato) in ambiti non scientifico-tecnologici rivolgerebbe alle istituzioni scientifiche una domanda di accountability che non sempre ha trovato una risposta adeguata. Uno fra i terreni su cui giocare la partita della rivincita della scienza potrebbe essere proprio questo.

Infine, anche il luogo in cui si vive gioca un ruolo. Le persone che risiedono nei centri minori sembrano più lontane dalla buona scienza e più propense a credere alle tesi del nuovo senso comune antiscientifico. La concentrazione metropolitana della cultura scientifica va di pari passo con la marginalità dei piccoli centri. Se si vogliono promuovere la diffusione e il consolidamento della cultura scientifica occorre tenerlo ben presente.

Riferimenti bibliografici

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1

https://www.ilmessaggero.it/scienza/coronavirus_scienza_emergenza-5021227.html; https://www.lastampa.it/cronaca/2020/02/25/news/la-paura-e-piu-forte-delle-fake-news-la-scienza-si-prende-la-rivincita-sui-no-vax-1.38512549; https://www.corriere.it/scuola/universita/20_aprile_10/coronavirus-contro-l-incertezza-paura-rivincita-logica-bc1ceb0c-7b2c-11ea-afc6-fad772b88c99.shtml

2

La ricerca è stata realizzata con la collaborazione della società di rilevazione Questlab di Venezia-Mestre che ha curato il campionamento e la campagna di somministrazione. Il tasso di risposta effettivo è stato del 13%: a fronte di 11.405 contatti, cifra comprensiva di rifiuti, telefoni liberi, occupati e non raggiungibili, sono state realizzate 1.500 interviste.

3

Per compensare gli effetti distorsivi della mancanza di copertura è stata implementata anche una strategia di proxying chiedendo se era presente in famiglia una persona con le caratteristiche campionarie richieste. Molte persone che in condizioni normali non sarebbero state presenti in famiglia, lo erano durante il periodo di confinamento.

4

Al 4 marzo i positivi erano 1.497 in Lombardia, 516 in Emilia-Romagna e 345 in Veneto. Nelle tre regioni in questione sono state realizzate 700 interviste (300 in Lombardia, 200 in veneto e 200 in Emilia Romagna) pari al 46,6% del campione contro il 32,2% della popolazione italiana lì effettivamente residente secondo ISTAT.

5

I canali proposti sono stati: 1. giornali quotidiani cartacei, 2. riviste specializzate di approfondimento scientifico, 3. telegiornali, 4. trasmissioni televisive di approfondimento scientifico, 5. giornali radio, 6. trasmissioni radiofoniche di approfondimento scientifico, 7. giornali on line, 8. motori di ricerca o aggregatori di notizie, 9. siti web, 10. social media (p. es. Facebook, Instagram, Youtube, Twitter). Per le ultime tre categorie abbiamo poi chiesto di specificare se si trattasse di canali gestiti da: istituzioni di governo (p. es. Governo, Regione, Ministeri, Protezione Civile), istituzioni sanitarie pubbliche o accreditate (p. es. Organizzazione Mondiale della Sanità, Istituto Superiore di Sanità, ospedali, enti di ricerca), gruppi o istituzioni di divulgazione scientifica, gestiti o promossi da esperti, partiti e movimenti politici, opinionisti, influencer e blogger indipendenti.

6

Un’analisi dei coefficienti di correlazione fra i tre indicatori evidenzia risultati sempre superiori a 0,7 (da 0,7 a 0,8) con covarianze positive superiori a 1,3 (fra 1,3 e 1,7). L’applicazione del test ? di Cronbach raggiunge un coefficiente di 0,883 testimoniando ulteriormente la buona coerenza fra i tre indicatori.

7

I risultati di un’analisi fattoriale sull’intera batteria di partenza corroborano la nostra scelta. Tali risultati sono stati omessi per esigenze di brevità ma sono a disposizione su richiesta agli autori.

8

Nella letteratura specialistica è stato più volte evidenziato che l’emersione di tesi antiscientifiche è spesso legato alla nascita di comunità di pensiero che vedono nella relazione fra poteri forti occulti e scienza una minaccia per la libera determinazione dei cittadini. Secondo queste posizioni la scienza ufficiale sarebbe uno strumento di manipolazione del consenso al soldo di una élite economico finanziaria globale. Su questo si vedano le ricostruzioni del dibattito e i numerosi esempi offerti da Tipaldo (2019) e Corbellini (2019). Per un dimensionamento del fenomeno si vedano invece i dati Itanes utilizzati in Mancosu et al. (2017).

9

La distribuzione dei punteggi espressi dagli intervistati nelle diverse giornate di rilevazione è stata controllata per le principali variabili di stratificazione del campione.

10

La lettura dei coefficienti Beta standardizzati mostra come quello associato all’indice di preoccupazione per la salute sia il parametro più elevato (+0,23), seguito dall’età (-0,19) e dall’accordo sull’item relativo alla cura dei virus attraverso gli antibiotici (-0,12).

11

L’R2 del modello senza gli indici di allarme sociale è pari a 0,10 a fronte del 0,14 del modello presentato. I parametri del modello senza indici di preoccupazione sono disponibili su richiesta contattando gli autori.

  • Articolo
  • pp:121-139
  • DOI: DOI: 10.1485/2281-2652-202016-8
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