1. La maternità tra inclusione digitale e consumo
La relazione tra maternità e Internet è un affascinante e multiforme oggetto di analisi che, negli ultimi anni, appare di crescente interesse scientifico. Un periodo della vita femminile così complesso come quello della gravidanza e del puerperio inevitabilmente porta con sé stereotipi e tipizzazioni che s’inseriscono nel solco di alcuni fenomeni contemporanei, come la medicalizzazione della gravidanza (Riessman 1993), il ruolo di Internet rispetto alle dinamiche della salute (Barker 2008), nonché la lettura di genere dei comportamenti di consumo (Sassatelli 2009; Casey and Martens 2007).
Se, un tempo, le donne acquisivano le conoscenze legate a questa particolare fase della loro vita grazie ai saperi tradizionali che fluivano all’interno della comunità di appartenenza, oggi, isolate all’interno della famiglia nucleare (Chodorow 1978) hanno bisogno di distillare e semplificare autonomamente una miriade di informazioni che provengono da una pluralità di fonti: riviste e libri specializzati, medici ginecologi, corsi pre-parto, canali televisivi e, ormai, da alcuni anni, anche Internet. Le donne subiscono una forte pressione affinché si conformino ad aspettative culturali (Hays 1996) che divengono, tuttavia, sempre più plurali, multiformi, contraddittorie. Una vera e propria giungla d’informazioni e stili culturali, nella quale diviene difficile trovare un filo di Arianna. Il web sembra assolvere, tra l’altro, anche a questo compito di trovare risposte ai mille dilemmi che assalgono chi deve prendere decisioni riguardanti la salute, i consumi, i bisogni emotivi di una fase della vita tanto delicata quanto definitiva.
Le discontinuità della maternità con il prima e con il dopo amplificano e sottolineano quella eccedenza di senso che si esplica attraverso modi antropologicamente densi, emotivamente intensi ed eticamente fondati (Musi 2007). Le donne percepiscono nettamente che stanno vivendo un’esperienza alla quale è necessario conferire un valore e che, pertanto, tutte le decisioni prese saranno parte di una costruzione di senso che avrà importanti implicazioni sul futuro.
Ecco che, in questo quadro, l’esperienza del consumo assume tratti ancora più fortemente identitari perché, da un lato, si ha una fortissima pressione da parte della società affinché le madri si adattino a uno specifico stile culturale (Douglas and Michaels 2004) e, dall’altro, la donna stessa vuole vivere un’esperienza profondamente femminile, in cui costruire simbolicamente e concretamente un nuovo percorso identitario. E così le donne, in rete, trovano un percorso di consumo che oggettivizza, paradossalmente, la nuova identità sociale di madri attraverso il modello della ethics of care elaborato dagli studi di genere e in particolare da Carol Gilligan (1982).
Le ricerche di marketing, ma anche la letteratura scientifica tendono, non a caso, a considerare la mamma contemporanea come un soggetto che naviga nel web con uno scopo prevalentemente strumentale e finalizzato al consumo (Royal 2009; Thompson 1996; Commuri and Gentry 2000, 2005).
Alcuni studi di carattere più strettamente sociologico hanno, inoltre, dimostrato come il periodo della gravidanza costituisca il momento nel quale le donne accrescono il loro tempo trascorso nella rete, soprattutto perché iniziano una spasmodica e incessante ricerca di informazioni riguardanti la salute, per essere rassicurate sul fatto che la loro esperienza riproduttiva sia «normale» (Song et al. 2012; Korp 2006; Lagan, Lagan, Sinclair and Kernohan 2011).
Una delle ricerche di marketing più conosciute e citate è quella di Razorfish e CafeMom (2009). Qui le mamme americane vengono descritte come delle perfette consumatrici: si distinguono tra loro soltanto sulla base di alcune caratteristiche che sono illustrate, con rassicurante certezza, in una serie di immagini che ritraggono le donne giovani, belle e sole con il proprio notebook. Le mamme sono definite come the ultimate multitaskers e la loro esperienza digitale ormai viene considerata mainstream e multidimensional. La maternità è tratteggiata come una sfida, un’esperienza multidimensionale, benché sostanzialmente incentrata sul consumo e sulla necessità di aumentare ulteriormente la capacità di fare molte cose insieme, di trovare spazio e tempo per essere impeccabili in tutti i ruoli che si è chiamate a ricoprire. Le tecnologie digitali, in tal senso, sembrano costituire la realizzazione perfetta per aggregare tutte queste funzioni.
Le donne hanno assunto ormai da molto tempo un ruolo centrale nella gestione dei consumi famigliari, da consumatrici sofisticate (Codeluppi 2005) agiscono in qualità di broker informativi, ovvero di raccoglitrici di informazioni che «ridistribuiscono all’interno della famiglia» (Dubini, Cerri 2011, p. 2) e che, quindi, utilizzano per orientare le scelte di consumo della stessa. Il farsi filtro informazionale della famiglia costringe la mamma a confrontarsi col problema di trovare, a sua volta, degli aggregatori selettivi adeguati per far fronte ad una complessità tale di fonti e di contenuti che, con la digitalizzazione della comunicazione, ha raggiunto livelli elevatissimi di overload information. In tale contesto di complessità e sovraccarico, il problema principale per le mamme non è tanto quello di reperire informazioni, quanto piuttosto quello di estrarvi senso (Livingstone 2004). Questo si traduce notando come le donne siano guidate, anche nel web, da modelli di comportamento differenti sul piano culturale rispetto a quelli degli uomini (Cossetta 2012), che vengono amplificati dal fatto che le donne non sono soltanto late adopters ma, tranne le più giovani, sono tuttora condizionate dalla gender digital inequality. Le donne al di sotto dei 34 anni, invece, sembrano le più vicine ai valori maschili in quanto ad accesso alla rete e utilizzo della stessa (Bracciale 2011). Ciò che rimane sensibilmente differenziato a livello di genere è il comportamento in rete. Le donne sono, da sempre, molto più interessate a navigare per reperire informazioni riguardanti la salute e la sanità (47,4% contro il 36,2% degli uomini: Istat 2009), per non parlare delle ricette (31% contro il 12,3%: Forrester Research 2011) e dell’abbigliamento (45% contro il 18%: Forrester Research 2011). Durante la gravidanza e il puerperio, queste tendenze si amplificano e diventa sempre più impellente la necessità di trovare nel web luoghi aggregativi in cui narrare le esperienze di maternità, trovare rassicurazione e dialogo per costruire socialmente la propria identità di «buona madre» (Brubaker 2007).
La ricerca Strategie informative, reputazione e acquisto (Dubini e Cerri 2011) condotta dall’Osservatorio ASK Bocconi ha messo in luce una forte correlazione tra utilizzo della rete e maternità: le donne in gravidanza o con figli piccoli (da 0 a 6 mesi) incrementano la loro presenza in rete soprattutto a favore delle ricerche informative e in merito a tematiche legate alla salute e alla puericultura, che divengono le categorie in cui si manifesta una maggiore influenza del gruppo dei pari relativamente alle scelte d’acquisto.
Il tempo trascorso in rete, durante la gravidanza, è proprio quel tempo che si è aperto nel momento in cui ci si è dovute allontanare dal lavoro per avviare il periodo di maternità e, è importante ricordarlo, in Italia questo allontanamento in molti casi (31%: Istat 2011) sarà definitivo, con conseguenze importanti in termini di identità sociale, di organizzazione del tempo, di ridefinizione della domesticità.
2. La condivisione e narrazione delle mamme digitali
Le donne in rete sembrano ricercare soprattutto luoghi femminili, quasi dei ginecei digitali, nei quali poter condividere e narrare la propria esperienza di vita (Cossetta 2012). Si tratta di una modalità di condivisione fortemente connotata a livello di genere e, quindi, condizionata da una costruzione sociale che vede impegnate le donne in una pluralità di ruoli e di fatiche, spesso difficili da gestire contemporaneamente. La condizione della gravidanza, come si è visto, induce frequentemente la donna a un forzato ritorno a casa, che si traduce, spesso, in una condizione di solitudine alla quale non era abituata né preparata. Ecco che le donne cercano proprio nella rete luoghi nei quali aggregarsi, chiedere consigli, confrontarsi, in riferimento alle scelte di consumo e all’affidabilità dei prodotti (Royal 2009; Dubini e Cerri 2011; Nielsen 2011). La narrazione in merito al consumo diventa presto un’occasione di incontro, che porta le mamme verso la condivisione di discorsi ben più profondi ed emotivamente coinvolgenti: ecco che nascono blog dedicati al racconto diaristico della propria esperienza, o forum in cui si condensano domande e risposte, spaccati di vita quotidiana e indicazioni tecniche che accorpano un flusso narrativo estremamente ricco e articolato. I luoghi aggregativi della rete sembrano svolgere una funzione di riduzione di complessità, di valorizzazione informazionale, ma anche di emersione per sofferenze e dubbi che prendono corpo soprattutto durante la gravidanza, quando ci si trova di fronte a un cambiamento della vita irrimediabile, per di più da affrontare in un contesto in cui la «mistica della fecondità» viene tanto celebrata quanto avversata (Bonfanti 2012). Si aggiunga a questo quadro anche il processo culturale, in atto ormai da alcuni decenni e studiato già ad esempio da Di Cristofaro Longo (1992), nel quale la maternità viene relegata all’intimo, al privato, al femminile, costringendo così la donna in una solitudine dolorosa e astorica.
Nel web, sembra possibile non rinunciare a quel bisogno di socialità e condivisione che le donne reclamano attraverso un’esigenza, che in rete appare evidente, di essere ascoltate, credute, prese in considerazione. Le mamme digitali, potremmo dire, si esprimono nei luoghi in cui esse si sentono rappresentate, in cui possono narrarsi e aprirsi ad un «tu» che è sempre femminile, condivide e co-narra: fatiche, emozioni, percorsi, dubbi sempre uguali eppure diversi. La narrazione online diviene quindi espressione «al femminile» della socievolezza simmeliana, in cui «si separa la realtà dai realistici rapporti tra gli uomini […] seguendo le leggi formali di queste relazioni che si muovono in Sé e non riconoscono fine diverso da loro stesse» (Simmel 1917, trad. it. p. 58).
3. Metodologia
Per comprendere le pratiche quotidiane legate alla gravidanza e al puerperio in rete, abbiamo pensato di studiare in modo sistematico le conversazioni online delle mamme.
La nostra domanda di ricerca si proponeva infatti di indagare le narrazioni della maternità online per comprenderne le rappresentazioni culturali, le dinamiche e le modalità. Il setting del web non consente certo di giungere a teorie generaliste sulla maternità contemporanea perché, nonostante, come si è visto, la percentuale di donne che frequentano e usano la rete durante la gravidanza e il puerperio sia alta, non può essere comunque rappresentativa dell’intera popolazione. Ciò che ci premeva analizzare è, invece, la rappresentazione della maternità nel web, con le sue specificità e i suoi linguaggi.
La scelta metodologica è stata quella della netnografia, uno strumento innovativo e potente che ci ha consentito di raccogliere e analizzare le narrazioni che le donne scelgono di condividere in luoghi specifici della rete contribuendo, così, a costruire una conoscenza «situata» della maternità (Hine 2005), vale a dire, una conoscenza di come si esplicita la maternità nello specifico mondo online. Il termine netnography è un neologismo coniato da Kozinets (2002, 2010), una crasi delle parole Internet ed Etnografia. Si tratta di un metodo di ricerca che associa iniziali elementi che emergono da tecniche quantitative, o meglio di data mining, per poi immergersi nelle narrazioni attraverso gli strumenti più «classici» dell’analisi qualitativa del testo. La netnografia si è sviluppata soprattutto nelle discipline legate al marketing e alla Consumer Culture Theory (Arnould and Thompson 2005) rivelandosi presto uno strumento valido per una più ampia comprensione delle narrazioni del Sé espresse dai consumatori (Kozinets 2008; Caliandro 2012). Il nostro tentativo, in questo caso, ha voluto soffermarsi non soltanto su ciò che emerge dall’espressione di donne intese come consumatrici, ma anche e soprattutto come soggetti che usano il consumo e la necessità di reperire informazioni sui prodotti come un’occasione di narrazione del Sé che tende ad aggregarsi con altre narrazioni, co-generando valore e mutuo sostegno emotivo.
L’analisi, che qui viene riportata in sintesi, riguarda un database di 13.769 post raccolti tra il 01/05/2010 e il 31/01/2012[2] frutto dell’estrazione di un motore di ricerca semantico, un software di crawling, Blogmeter[3], in grado di effettuare il processo di data mining, ovvero di estrarre dalla miniera del web, singole frasi e post contenenti la parola chiave principale «Chicco» e/o diverse sub parole-chiave relative ai prodotti (sia nomi specifici di prodotti, quali «Cuocipappa», sia nomi generici, quali «pannolini»).
La scelta di focalizzarsi sul brand Chicco è stata dettata da ragioni «opportunistiche»: abbiamo avuto la disponibilità dei dati da parte dell’agenzia di web marketing Viralbeat[4] che aveva svolto un’analisi reputazionale. Proprio quest’analisi aveva rivelato come la varietà e multiformità dei prodotti, ma più in generale la storia e il posizionamento sul mercato del brand, consentissero un ampio accesso al mondo della maternità online. «Chicco» è, infatti, un brand di rilievo nel panorama della puericultura in Italia: sul mercato dal 1946, esso offre una vastissima gamma di prodotti, che va dall’abbigliamento, ai giocattoli, alla mobilia, ai prodotti per la gravidanza, alle lozioni, fino ai classici passeggini, seggiolini e seggioloni[5]. «Seguire» sulla rete il brand Chicco ci ha, dunque, consentito di intercettare un insieme di conversazioni eterogeneo e variegato, concernente molteplici aspetti relativi alle pratiche quotidiane della gravidanza, del puerperio e della maternità, in generale. Questi motivi ci hanno, così, permesso di riflettere su un corpus narrativo imponente e, di fatto, significativo per gli obiettivi della nostra ricerca (Glaser and Strauss 1967; Mason 1996). Il brand Chicco, quindi, è bene sottolinearlo ancora, non rappresenta il nostro focus di analisi, bensì il punto d’accesso privilegiato alle pratiche della maternità online contemporanea: i post e le narrazioni online che abbiamo analizzato comprendono, cioè, la parola chiave «Chicco» o nomi di prodotti ad essa collegabili, ma sono soltanto delle occasioni di conversazione e ospitano, di fatto, il discorso sulla vita quotidiana della maternità.
Per come le abbiamo intese in termini operativi, abbiamo selezionato le narrazioni di Sé ogni volta che le internaute hanno utilizzato il brand Chicco, o un suo prodotto, come «pretesto» per dare corso ad un racconto di Sé e delle proprie esperienze individuali (Kates 1997; Schau and Gilly 2003; Caliandro 2012). Ecco un esempio di narrazione estratta da un forum:
-mamma0913: ciao ragazze... sono nuova del forum... è da tanto che vi leggo ma non ho mai scritto volevo chiedere se a voi o a qualche vostra conoscente era capitato di sapere che era femmina (cn molta certezza) già dalla 14/15/16 settimana e invece alla morfologica... SORPRESA maschio ... il mio gine a qst settimane mi ha detto femmina... ma non so perchè dentro di me sento ancora che sia maschio... l’istinto materno avrà ragione o cosa?? in qualunque caso ovviamente l’importante è che sia sano/a
- Maddyr88:Io l’ho fatta alla 14 2 E mi hanno detto ke era maschio!!! Io mi sentivo k era maschio poi alla morfologica m hanno confermato k è maschio!!! e ora nn vedo l’ora di averlo qui cn me
- Delfinisia: io sono al terzo bimbo (3 maschi) e mi è capitato sia con il primo che con il terzo, prima femmina e poi, alla morfologica, era maschio ... sai il primo bimbo vabbè è uguale (proprio perché è il primo) ma con il terzo credevamo davvero che fosse femmina avevo già comprato una tutina della chicco rosa ed invece niente poi per carità il bene dei figli è per tutti uguale e l’importante è che siano sani ed intelligenti ecc ecc ma chi non ha una preferenza in gravidanza?!
…(seguono altre 18 risposte) – Fonte: forum alfemminile.com
Come si può osservare dall’esempio, la parola Chicco non è oggetto di riflessione vera e propria, ma viene piuttosto usata dall’utente all’interno di un dialogo serrato intorno a una questione che, come molte altre, provoca una certa ansia e preoccupazione da parte delle future mamme come uno spunto dal quale articolare un complesso racconto della propria esperienza di vita[6].
Dopo la scelta delle keyword, si è passati alla costruzione di un elenco di fonti web, ovvero un database di URL in modo da indicare al software «dove» cercare i testi di nostro interesse. Per giungere a questo elenco, si sono considerati:
· siti significativi per gli utenti web in generale (Facebook, Yahooanswer, Twitter ecc.);
· siti significativi per i consumatori in generale (Ebay, Amazon, Ciao.it ecc.);
· siti significativi per le mamme digitali.
Al fine di stabilire la significatività di un sito, sono stati usati, a loro volta, altri due criteri: a) l’affinità semantica dei contenuti del sito con gli obiettivi di ricerca (ad esempio noimamme.com); b) il volume di traffico del sito misurato tramite Alexa Rank[7].
Il software di crawling ha così fornito il corpus di testi che è divenuto il nostro universo di riferimento (Paccagnella 1997; Rogers, 2009).
Nella Tabella 1 è riportata la provenienza dei post e delle conversazioni così come è stata estratta dal crawler.
La tabella fornisce già dei dati molto interessanti: la maggioranza dei testi estratti si trovano nei forum, ovvero in luoghi in cui è possibile leggere e rispondere a delle domande raccolte per argomento. In genere, le mamme digitali sono presenti nei forum con un soprannome, nickname, che serve da schermo per l’anonimato. Questo a differenza dei socialmedia, come Facebook e Twitter ad esempio, dove invece la possibile identificazione sembra, ad oggi, non promuovere un dialogo effettivo sulle questioni relative alla maternità. Un altro aspetto che emerge dalla lettura di questa tabella è relativo al fatto che i siti maggiormente frequentati sono generalisti, come YahooAnswer e Alfemminile.com. Il primo è un sito molto conosciuto del portale di Yahoo che, come dice il nome stesso, viene utilizzato per porre delle domande alla Rete e ha una sezione specifica legata alla maternità; il secondo è un sito dedicato al mondo femminile in senso lato: come un magazine, presenta sezioni dedicate al cinema, alle ricette, alla bellezza, all’oroscopo, ai viaggi ecc.
I 13.769 post estratti dal crawler sono, poi, stati oggetto di un’analisi qualitativa seguendo uno schema più tradizionale della sociologia sull’analisi documentale: a fronte di una riflessione condivisa da parte del team di ricerca, i post sono stati, di volta in volta, etichettati e suddivisi, secondo categorie macro (positivo-negativo-neutrale) e micro (allattamento, pappa, nanna, igiene, gioco, passeggio, abbigliamento, scarpine, sicurezza, attesa[8]).
La vastità dei prodotti legati alla parola-chiave ha permesso, quindi, di considerare molti ambiti narrativi che seguono, di fatto, buona parte della discussione intorno alla gravidanza e al puerperio.
Le diverse categorie di prodotti consentono cioè di seguire passo passo tutte le diverse fasi della maternità, dalla gravidanza ai momenti del parto, dell’allattamento e dei primi mesi di vita del bambino. Un percorso che interseca, quindi, le narrazioni delle mamme digitali che, come abbiamo visto, utilizzano il dialogo sul consumo come un’occasione di narrazione del Sé e del vissuto della maternità: è appunto sulle narrazioni delle mamme digitali che si è focalizzata la nostra successiva analisi.
4. Le narrazioni
L’analisi ha avuto come principale oggetto di studio le narrazioni di Sé delle mamme online; narrazioni attraverso cui le stesse forniscono una rappresentazione culturale della maternità e dell’identità di mamma (Melucci 2000; Woodward 1997). Allo stesso tempo, però, le narrative delle utenti sono state lo strumento attraverso cui le narrazioni stesse sono state raccolte, catalogate e interpretate (Somers and Gibson 1994; Holstein and Gubrium 2000). È questo, forse, il nodo più interessante dell’utilizzo a scopo sociologico della netnografia, in quanto permette una ridefinizione del reperimento delle fonti testuali. Si tratta, infatti, di racconti che vengono reperiti in rete, in luoghi specifici, nei quali le/gli autrici/tori si ritrovano libere/i di potersi decontestualizzare e ricontestualizzare in una nuova situazione (Ricoeur 1985). Sono, tuttavia, narrazioni che non solo vengono scritte pensando a un pubblico, come nel caso della scrittura offline: in questo caso, il pubblico, i lettori, possono interagire, rispondere, contribuire cioè a trasformare la narrazione e, quindi, a co-produrla.
Spesso, le narrazioni nascono da una domanda alla quale viene data una risposta: è proprio la domanda che crea un’occasione di narrazione e condivisione.
L’obiettivo analitico del nostro focus narrativo è stato, quindi, quello di comprendere i frame di significato attraverso cui le mamme rendono conto (Garfinkel 1967) della maternità. Le narrazioni sono state esaminate con un approccio ermeneutico (Montesperelli 2001), in modo da valorizzare la ricchezza delle informazioni (Cipriani 2008), nonché il racconto che emerge dalla sequenza di domande e risposte, di sollecitazioni e di divagazioni che sono supportate dalle piattaforme web.
Una volta individuate e selezionate le narrazioni delle utenti, le abbiamo catalogate a seconda delle similarità interne alle loro trame. Per fare ciò, abbiamo utilizzato un secondo strumento analitico: lo stilema. Gli stilemi consistono in «trame ricorrenti e fisse a cui gli utenti si appoggiano per dare corso al racconto di se stessi. Gli stilemi sono codici culturali che gli utenti mutuano dal proprio gruppo di riferimento e che sanciscono la legittimità e la bontà delle loro narrazioni di Sé, in quanto permettono a queste ultime di articolarsi secondo canoni conosciuti, riconosciuti e rispettati» (Caliandro 2011, p. 70). In questo modo siamo stati in grado di individuare quattro stilemi principali, che vanno a comporre il macro-discorso sulla maternità che le utenti articolano collettivamente. Il metodo narrativo, in questo senso, ruota attorno a due euristiche principali (Entman 1993; Rogers 2012): 1) la narrazione di Sé, che trasforma le narrazioni degli utenti in oggetti analitici; 2) gli stilemi, che trasformano le narrazioni in strumenti di analisi. Il punto essenziale, infatti, quando si tratta di ricerca online, è di ricercare percorsi di comprensione, distinguendo modi, pratiche e linguaggi, per riconoscere, dal magma delle narrazioni e dei silenzi animati presenti in rete, alcuni stilemi utili per individuare le dinamiche sociali che giacciono al di sotto di esse (Cossetta 2011).
4.1 Costruzione degli stilemi
Gli elementi e le ricorrenze narrative che abbiamo raccolto sono stati moltissimi, rivelando la ricca multidimensionalità della narrazione delle mamme che, tuttavia, ha permesso una successiva codifica focalizzata, che ha portato all’ulteriore individuazione di quattro stilemi, ovvero di quattro modalità di classificazione di narrazioni che contribuiscono a costruire socialmente altrettante proprietà collettive e situate. Vediamo come. Il processo di codifica delle narrazioni è stato di natura grounded, nel senso che gli stilemi con cui sono state catalogate non sono stati stabiliti a priori, ma sono emersi lentamente e in modo progressivo dalla lettura dei testi digitali.
Il processo di codifica si è sviluppato attraverso tre livelli: dopo una prima codifica «aperta», che ha messo in evidenza alcuni fenomeni specifici, si è proceduto ad una codifica via via più focalizzata, che ha consentito cioè di abbandonare la descrizione dei post per giungere ad una vera e propria concettualizzazione. A questo punto, si sono individuate le prime due macro categorie (narrazioni dark e bright) e si è cercato di collegare tra loro le diverse categorie che via via emergevano. Ad esempio:
I ricercatori si sono, di volta in volta, confrontati lungo tutto il processo di nominazione, così come nelle fasi di collegamento e gerarchizzazione delle categorie, dando vita a una fase di negoziazione che ha portato all’individuazione di 16 core category. A questo punto, si è ulteriormente ragionato al fine di raggruppate le categorie in 4 differenti stilemi.
I quattro stilemi principali sono stati denominati: mamma esperta, mamma appassionata, mamma ansiosa, mamma prigioniera. È bene specificare, però, che questi quattro «tipi mamma» non si riferiscono a delle identità psicologiche o individuali; essi sono piuttosto delle etichette utili a «mappare» ed analizzare il macro-discorso sulla maternità articolato collettivamente dalle mamme online, discorso che passa attraverso delle narrazioni che veicolano una particolare rappresentazione del Sé.
5. I risultati: mamme digitali tra pragmatismo e poetica della cura
L’analisi dei post ha messo in luce due grandi categorie di narrazioni: la prima di carattere essenzialmente pragmatico e l’altra di carattere emotivo.
Nel primo caso, le mamme narravano situazioni, o più spesso ponevano domande, per risolvere problemi pratici, per raccogliere informazioni circa l’efficacia di prodotti o di tecniche di puericultura. Nel secondo caso, invece, le donne erano orientate a comprendere, approfondire, selezionare, le diverse rappresentazioni culturali legate alla maternità. Che tipo di mamma vorrò essere, sono? Inutile dire che, spesso, l’immaginario della mamma passa proprio, o addirittura si definisce anche e attraverso l’utilizzo di prodotti specifici. Sono moltissime, ad esempio, le discussioni che suddividono i «tipi di mamme» tra mamme marsupio, mamme passeggino o mamme fascia a seconda del modo che utilizzano per portare il neonato.
Quello che emerge dalla maggior parte dei post, anche quelli apparentemente più pragmatici, è la necessità di una continua e spasmodica ricerca di risposte a dubbi che vanno dall’acquisto di un prodotto fino al vissuto della sofferenza. Emerge, quindi, un’esperienza della maternità che non solo sconvolge la vita della donna ma che, con le trasformazioni avvenute negli ultimi decenni, sembra lasciare le giovani mamme in un continuo e frettoloso prendere decisioni sulle quali ci si sente impreparate, sperdute, sole.
Aiutatemi a capire: io non sono ne una «core de mamma» ne una smielata ma ogni volta che assisto a recite o performance dei miei figli mi viene da piangere. mi sale un groppo in gola, mi fanno tenerezza, mi emoziono e piango. questo so che può essere normale. ok. fino ad oggi credevo che questa cosa fosse legata solo ai miei figli, ma ora ho scoperto che vedere dei bambini che si concentrano in qualcosa e/o si esibiscono, mi fa lo stesso identico effetto, anche se mi sono del tutto estranei non è normale, vero? [Data: 19/06/2011 22:46 Autore: Giugnola Fonte: forum.alfemminile.com]
Hei ragazze, ma voi la usate la fascia per la gravidanza? Vorrei un vostro parere perché sono alla 25esima settimana e non ho ancora iniziato a usarla nonostante la pancia ora sia ben evidente. Ancora non ne sento l’esigenza ma non so se sia bene iniziare a usarla già da ora e quali benefici effetti dia… Mi dicono di usarla, ma non so cosa fare, Aiuto! [Data: 02/10/2010 22:46. Autore: Lalyrebu Fonte: ciao.it]
La sofferenza ritorna come uno degli elementi centrali all’interno del discorso sulla maternità e spesso viene associata a un bisogno di condivisione del tutto femminile e di esternazione del dolore che, in rete, viene agevolato dalla possibilità di optare per l’anonimato. Le mamme digitali sembrano rispondere con pronta solidarietà a queste richieste di aiuto narrativo e danno vita a conversazioni emotivamente coinvolgenti:
[A]: Ciao a tutte lunedi ho perso il mio fagiolino di 9 settimane... io ho già 3 bimbe, ma il dolore è immenso. mi chiedo perché è andato via? sono in ginocchio... avevo già progettato tutto, il trio ble della chicco, avevo addirittura visto le bomboniere x il battesimo...e poi...da un giorno all’altro, il vuoto... il baratro.... mi manca da morire, e ogni giorno è sempre peggio. [Data: 09/06/2010 15:11 Autore: wilma79 Fonte: www.mammole.it]
[B]: Le mie parole ti possono sembrare scontate e ti capisco ti dico solo di farti forza e pensa che le cadute servono x farci alzare più forti di prima lo so che è un dolore terribile ma pensa alle tue bimbe... vivi x loro, stai serena x loro e per te stessa naturalmente ti :abbr:forte forte [Data: 09/06/2010 15:17 Autore: mumu82 Fonte: www.mammole.it]
Nel web si cercano quella rassicurazione e quell’immediato conforto che spesso nella vita di tutti i giorni viene a mancare, oppure viene ferito dalle persone più prossime. Spesso, si tratta di trovare in rete una corrispondenza relativa ad un linguaggio, quello materno che, proprio per la sua peculiarità, sembra poter trovare riscontro soltanto ed esclusivamente tra chi sta vivendo la medesima esperienza:
Oggi il mio ragazzo ha fatto un’ osservazione del cavolo che mi ha fatto rimanere male. Stavamo alla chicco e la commessa , carinissima , mi ha fatto gli auguri per la festa della mamma e io mi stavo squagliando, e lui fa : Beh , non sei ancora mamma in realtà , diciamo che è la tua ultima festa della mamma da non mamma. Diventerai mamma quando lo terrai tra le braccia! Io non sono affatto d’accordo! Mi sento mamma , Diego è gia’ mio figlio , lo amo già tantissimo.... Non vi sembra che gli uomini siano troppo razionali in queste cose ? È PROPRIO VERO CHE POSSONO CAPIRE FINO A UN CERTO PUNTO. [Data: 09/05/2010 18:33 Autore: Alessia27284 Fonte: forum.alfemminile.com]
Questo post mette in luce un ulteriore elemento che emerge con forza dall’analisi: la quasi totale assenza del maschile. Mariti, compagni, fratelli, padri sembrano sostanzialmente assenti dalla scena, e quelle rare volte in cui compaiono diventano o meri accompagnatori o soggetti da criticare più o meno velatamente per la loro incapacità di comprendere, di ascoltare. La latitanza del maschile sembra ulteriormente confermare la ricerca, da parte delle mamme digitali, di luoghi fortemente connotati a livello di genere, in cui poter condividere un aspetto fondamentale del loro presente, del tutto al femminile.
5.1 Gli stilemi
I quattro stilemi da noi individuati possono essere collocati all’interno di un preciso quadro semantico (Caliandro 2011b). Anzitutto, essi si possono ricondurre all’interno di due macro-categorie narrative: le narrazioni bright e le narrazioni dark. Gli stilemi della mamma pragmatica e mamma appassionata ricadono nelle narrazioni bright, ovvero in quel tipo di narrazioni che inquadrano l’esperienza della maternità in termini positivi e di gioiosa consacrazione. Viceversa, gli stilemi della mamma ansiosa e prigioniera afferiscono alle narrazioni dark, narrazioni in cui l’esperienza materna è rappresentata in termini negativi e di sacrificio doloroso. A sua volta, la classificazione degli stilemi può essere riarticolata distinguendo gli stessi, a seconda che trattino l’esperienza materna in termini pragmatici o affettivi. Nel primo caso, la maternità viene narrata come «professione», mentre nel secondo come «passione». Nelle narrazioni professionali, ricadono gli stilemi della mamma pragmatica e della mamma ansiosa; in quelle passionali, ricadono gli stilemi della mamma appassionata e prigioniera.
Mamma Esperta. È la mamma-consumatrice per eccellenza, che si rappresenta come «studiosa» del mercato della puericultura, attenta alle caratteristiche funzionali dei prodotti per una gestione il più possibile razionale della vita quotidiana. Emerge in modo chiaro il processo di oggettivazione à la Miller (1987), in cui i prodotti per l’infanzia e soprattutto la scelta razionale che li porta ad assumere il significato simbolico che materializza l’identità sociale della donna. La mamma pragmatica tende, quindi, a voler dimostrare le proprie capacità manageriali e organizzative, in cui l’immaginario del marketing che vede la donna multitasking e in grado di controllare tutto, si traduce in una forma di realizzazione del Sé.
Il trio ho letto in più di un post che veniva sconsigliato perchè troppo piccola la navicella e il passeggino. Avendo letto questa cosa ed essendo interessata all’acquisto mi sono munita di metro e sono andata da iper bimbo dove c’è una vasta esposizione e li ho misurati quaaasi tutti!! Una cosa importante, comunque, è la manovrabilità: testa come girano le ruote e come riusciresti a muoverti in spazi ridotti Per I pannolini consiglio di non fare scorta con la stessa marca... spesso si deve trovare il tipo che meglio si adatta al bimbo... i pillo li ho abbandonati solo perchè dovevo andare a rn a prenderli, e alla fine tra gasolio e autostrada, non mi convenivano più, ma sono buoni... sono corsa dietro alle offerte dei pampers baby dry, e degli hugghies, ma l’ultimo pacco di questi ultimi non mi ha soddisfatto... ci sono pannolini con il cotone dentro rigido, poi un pò spostato nel davanti che crea una mucchietta sulla pancia... poi lampo di genio ho comprato i pannolini Chicco in farmacia... risolto il problema [Data: 20/04/2011 14:11 Autore: loreemarti Fonte: www.mammeonline.net]
Mamma Appassionata. È la mamma che concentra la narrazione soprattutto sulla sua positiva relazione con i figli e con la scoperta della propria maternità. Il suo racconto, pertanto, è concentrato sulle emozioni che derivano dall’essere madre e che spesso vanno a delineare aspetti di new domesticity (Matchar 2011), vale a dire, quella tendenza che vede le donne ritrovare una dimensione della domesticità felice, in cui esse si dedicano consapevolmente alla vita domestica, coniugando le possibilità delle nuove tecnologie con il ritorno all’own food, il cibo fatto in casa, ai lavori a maglia, al ricamo a punto croce e così via. Una maternità felice, si potrebbe dire, che rappresenta il compimento e la realizzazione di un ritorno a casa.
Il Chicco lo trovo molto maneggevole e pratico da pulire e rimontare. In più occupa poco spazio e per me che ho una cucina piccola è importante, visto che evito di mettere in giro troppa roba da lavare e rimettere a posto... con due bimbi cronometro ogni cosa! In mezz’ora massimo le pietanze sono pronte e volendo puoi farle fresche ogni giorno. lo riempo di verdure miste e quando sono cotte frullo tutto con l’acqua di cottura faccio la porzione ci aggiungo la carne omo che ho cotto precedentemente nel cuocì pappa aggiungo parmigiano e olio e mangiano tutto. Ah ieri, ho comprato delle scarpine nuove, è stato più forte di me erano troppo graziose!
Ps: Prendo la macchina, salgo, accendo parto. Controllo dallo specchietto se tutto è ok e Chiara?! Lei si è sfilata le cinghieeeeeeeeeeeee! È proprio un folletto! [Data: 03/11/2011 23:14 Autore: pala4ever Fonte: www.noimamme.com]
Mamma Ansiosa. È la mamma che narra negativamente il rapporto con la propria esperienza materna in termini di continua tensione e sforzo per preservare la salute e la sicurezza del proprio bambino. L’ansia che emerge da queste narrazioni investe soprattutto la sfera della medicalizzazione della gravidanza e del parto per arrivare poi fino a rivestire di preoccupazioni tutta la prima fase della vita del bambino. In genere questa narrazione si associa altresì a una continua richiesta di delucidazioni circa i prodotti da consumare, che divengono quindi oggetto di pratiche devozionali consacrate alla paura per la salute del bambino.
Ciao! Io non sono molto esperta, ho fatto qualche giro ma non ho ancora comprato nulla. Contavo di ordinarlo la prossima settimana... visto che poi ad agosto sara’ tutto chiuso, bisogna fare le cose con un po’ di anticipo (ma anche io, x scaramanzia, non ho fatto ancora nulla). Che Baby monitor hai? Io con il primo non l’avevo preso ma poi passavo le notti sveglia a controllarla. I suoceri allora mi hanno regalato quello radio, ma anche così non sono stata tranquilla... quello video funzionerà bene? [Data: 28/04/2011 14:17 Autore: marmot68 Fonte: forum.alfemminile.com]
Mamma Prigioniera. È la mamma che narra i lati negativi della gravidanza e del puerperio incentrandosi sulla propria identità di gestante e implicando così una dolorosa «riduzione del Sé» (Goffman 1961, trad. it. p. 37). La maternità, sempre per usare un linguaggio goffmaniano, diviene quindi una azione inglobante, che investe la donna completamente, trasformando e deformando il corpo e soffocando ogni rappresentazione materna della vita ospitata.
Ragazze,so che sn stati scritti altri post in merito, ma sto andando in fissa... tutti,ma dico tutti quelli che mi vedono, mi dicono che la mia pancia è bassa. allora,io nn ci avevo mai fatto caso perchè non è mai stata alta e pensavo che fosse normale così’ o che si sarebbe alzata. ma ormai sn nell’ottavo mese e non credo si alzi più. il mio gine nn mi ha mai detto niente e io non gli ho mai chiesto niente perchè,ripeto, pensavo fosse normale. ma guardando le pance delle altre,effettivsamente la mia sporge moooolto in avanti e ai lati e va verso il basso... forse ho sbagliato a non mettere la guaina se non dal mese scorso. ora ho comprato la fascia reggi pancia della chicco perchè la guaina era insopportabile, tornavo a casa piangendo dai dolori!!!! [Data: 05/12/2011 08:42 Autore: nadiamik1 Fonte: forum.alfemminile.com]
6. I sentimenti della maternità in rete
Le mamme digitali sembrano avere creato nel web molteplici comunità di pratica (Wenger 2006), frutto di quella intelligenza collettiva (Lévy 1996) e connettiva (De Kerkhove 2001) in cui l’oggetto dell’apprendimento non è una disciplina o un’innovazione tecnica, ma il «sentimento» della maternità. Proponiamo qui l’idea di sentimento, così come viene definita da Pulcini (2003) e più precisamente come «una dimensione affettiva che si colloca a eguale distanza sia dalla passione che dalla ragione e che sia perciò compatibile con l’istituzione e con le esigenze della società, capace di durare e di corrispondere alla quotidianizzazione del tempo» (pp. 186-187).
Le diverse modalità discorsive che emergono dalle narrazioni delle mamme digitali appaiono accomunate dalla necessità di trovare un codice di sentimento che tenti di coniugare i diversi elementi che concorrono alla costruzione sociale della maternità. Tale costruzione, oggi più che mai, appare paradossale e ambivalente, perché legata a una cultura della procreazione che ha subito importanti trasformazioni e resistenze, tanto da creare modelli di riferimento contraddittori, che lasciano la donna sola in un percorso decisionale incessante e, talvolta, opprimente. L’immaginario culturale della gravidanza, tuttavia, imporrebbe di esprimere comunque la felicità materna e, nei casi in cui questa sembra essere soffocata dalle paure e dalle incombenze, diviene essenziale trovare uno spazio all’interno del web in cui avere rassicurazione e conforto.
Nei forum e nelle comunità online dai quali abbiamo estratto le conversazioni, abbiamo potuto leggere la realtà della maternità così come le donne stesse hanno voluto descriverla, attraverso un linguaggio costruito ad hoc, attraverso il loro raccontarsi che, grazie al velo del nickname, lascia trasparire il bisogno di trovare una strada tra razionalità e personalizzazione crescente. Le donne, in particolare quelle che hanno espresso le narrazioni bright, sembrano voler resistere in qualche modo al processo estremo di medicalizzazione della gravidanza e del parto, provando a fare «a modo loro» e creando, così, un sapere esperto «dal basso». Ciò sembra essere particolarmente significativo se si pensa che, come ha osservato acutamente Kaplan (1992), the mother is spoken, rather than speaking, ovvero la madre è più un oggetto su cui si parla che un soggetto che si lascia parlare. Dal lato dark delle macro-narrazioni (quello che ricomprende gli stilemi della mamma ansiosa e della mamma prigioniera), si può osservare, invece, come le mamme decostruiscano sistematicamente i classici stereotipi relativi alla maternità felice: in queste narrazioni, la maternità perde totalmente la sua aurea gioiosa e rassicurante, per trasformarsi in uno scenario, anche questo stereotipizzato, ma molto più contemporaneo, fatto di paure, ansie, solitudine, senso di oppressione, dolore e corpi sanguinanti.
7. Conclusioni
L’analisi effettuata finora con la netnografia non permette di entrare nel dettaglio dei percorsi individuali o di approfondire la trattazione attraverso categorie sociologiche «classiche», come l’età, la localizzazione, il titolo di studio e così via. Forse, varrebbe la pena d’indagare ulteriormente queste tematiche, al fine di ricostruire un quadro che possa fornire indicazioni più precise sul mondo della maternità contemporanea delle internaute. La ricerca fornisce, tuttavia, un quadro già piuttosto complesso e articolato del racconto della maternità online.
La maternità, così come la si narra nel web, è una sliding door, una porta girevole che ti infila in un’altra storia (Cirant 2012), una storia che le internaute vogliono raccontare in una narrazione profondamente riflessiva. Come dice, infatti, Ruddick (1980, p. 348), l’esperienza della maternità e della cura di un neonato è in grado di suscitare e stimolare riflessioni filosofiche, «sviluppa capacità intellettuali, giudizi, riflessioni, valori e attitudini metafisiche»: proprio perché tutto si sviluppa a partire dal corpo le mamme sono in grado di riconoscere la «grazia della pesantezza» (Rigotti 2010). E, nel web, come si è visto, si narra moltissimo il proprio corpo, lo si interpreta, lo si mette a nudo grazie al velo dell’anonimato ancora possibile nei forum e nei blog.
Le donne che abitano la rete sembrano attraversare la maternità con consapevolezza: stanno vivendo una fase delicatissima della loro esistenza, in cui la funzione materna non viene certo vissuta come un inesorabile e naturale destino, ma piuttosto come un patrimonio culturale femminile che deve essere costantemente costruito e co-costruito.
Le piattaforme digitali, in particolare i forum e i blog, sembrano oggi i luoghi privilegiati in cui collaborare alla costruzione di tale patrimonio, dal momento che non esistono più pratiche formativo-esperienziali simili a quelle del passato, quando esistevano veri e propri riti di iniziazione femminili, in cui le ragazze partecipavano a un parto e si impratichivano nelle cure ai fratellini fin da piccole.
La rete, oggi, rappresenta, soprattutto per le primipare, un importantissimo veicolo di rassicurazione: le internaute, come del resto ha dimostrato anche il recente lavoro di Song et. al. (2012), hanno bisogno di sapere che tutto sia normale, che ogni più piccolo dettaglio della loro gravidanza o della vita del loro neonato, si stia svolgendo secondo norme e standard, non solo provati scientificamente, ma anche già vissuti e comprovati da altre donne. Le paure che attanagliano la maternità contemporanea sono molte: da quelle della possibile rinuncia al lavoro e, quindi, della possibilità di perdere valore al di fuori dell’attività materna, al timore di non essere all’altezza, di non riuscire a destreggiarsi in un divenire che sembra richiedere, oggi più che mai, innumerevoli competenze e conoscenze di carattere medico-scientifico, educativo, emotivo ecc. Le donne non sembrano voler mostrare in modo esplicito questa debolezza e questa continua necessità di rassicurazione, ma il web può fornire tutte le informazioni e le possibilità di dialogo del caso, pur rimanendo nell’anonimato e mascherando, così, di volta in volta la propria identità pubblica. Quello che è, però, interessante non è tanto riconoscere chi si cela dietro quei nickname fantasiosi eppure sempre «materni», ma comprendere come le mamme digitali ricerchino ancora una comune costruzione di esperienze, per essere in grado di scegliere tra una miriade di stili materni.
La pluralità di stili corrisponde a una tendenza in atto ormai da tempo, che vede intrecciarsi gli «stili materni» con le scelte personali legate al consumo di prodotti e al lifestyle (Vavrus 2000). E sembra proprio che una delle componenti contemporanee dell’ideologia del good mothering parta proprio dall’effettuare buone scelte di consumo (Hayden and Hallstein 2010).
Il consumo si rivela un potentissimo strumento di dialogo e di confronto, una forma di esternalizzazione e oggettivizzazione che ha una funzione al tempo stesso relazionale e anodina della maternità online. Il gran discutere di passeggini, biberon, guaine e pannolini fa emergere sia un bisogno, più o meno gestito, di controllo dell’incessante divenire della maternità, sia un codice relazionale che permette l’espressione di un Sé che si presenta nelle più diverse dimensioni, in una tensione costante tra emotività e pragmatismo.
La condivisione dei vissuti avviene principalmente in luoghi fortemente connotati a livello di genere: l’esperienza della maternità costringe le donne in una dimensione caratterizzata da disturbi, rumori, sporcizia, odori nauseabondi, attenta osservazione di escrementi, fatti questi di cui si riesce a parlare solo con chi si trova a dover sopportare la medesima indecenza del quotidiano (McCracken 2001).
Le mamme digitali cercano di percorrere una strada collettiva e femminile in cui combinare intelligenza ed intelletto collettivo. Le internaute possono dimostrare la loro competenza di madri, confrontarsi e apprendere, trovare le risposte a quelle domande che non riuscirebbero a formulare in altri luoghi. Insieme, tentano di costruire un percorso normativo, dinamico e in continua co-riproduzione, generando una sorta di manuale della maternità online che subisce continuamente revisioni e nuove narrazioni.
Di fronte alla pressione sociale, alla necessità di essere perfette interpreti dell’ideologia del good mothering e alla realistica impossibilità di incarnare i diversi ideali materni, le mamme digitali provano a trovare nel web e concorrono a costruire repertori informazionali e simbolici che, seppur diversi e contrastanti, forniscono senso a ciascuna personale e individuale esperienza, realizzando identità materne spesso fragili e precarie, ma proprio per questo praticabili (Remotti 2007).
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