Larga parte dell’università italiana è già consapevole che – sotto le spoglie di decisioni apparentemente tecniche – i criteri della distribuzione delle risorse e delle possibilità di reclutamento vanno nella direzione di approfondire piuttosto che colmare differenze e divari radicati nei contesti sociali, economici, territoriali e infrastrutturali, e ad incentivare – incorporandole e inquadrandole nelle cornici allettanti e giustificatorie della «concorrenza» e del «merito» – le tensioni, le controversie e le lotte di potere che nel campo scientifico si dipanano fra tribù accademiche e colleges invisibili e visibili e geograficamente ubicati. Quello che abbiamo inteso fare qui è corredare di dati ciò che tutti noi sappiamo – e che abitualmente tacciamo per insicurezza, disagio, stanchezza o rassegnazione – e chiudere con un’unica domanda: siamo sicuri di volere/potere pagare i prezzi sociali, economici, scientifici, esistenziali che questa politica universitaria ci sta presentando?
The majority of the Italian academics already know that – under the guise of apparently technical decisions – the resources and recruitment opportunities criteria are deepening rather than bridging differences and gaps rooted in social, economic, territorial and infrastructural contexts. As so as they know that these “new rules” are intensifying rather than weakening tensions, controversies and power struggles among academic tribes and invisible and visible and geographically located colleges, incorporating and framing them in the attractive and justifying frames of «competition» and «merit». In this paper we pursue to provide data to illustrate what we all know and what our insecurity, unease, weariness or resignation usually conceal out. We conclude with a single question: are we sure we want/can pay the social, economic, scientific and existential prices that these policies, politics and resources distributions are presenting us?
Parole chiave: università, premialità, decrescita, divari, statactivism