AIS
2019/14
Editoriale (Editorial), di E. Amatura e M. Rampazi
Questo numero della Rivista esce alla vigilia del XII Convegno di fine mandato dell’Ais, che si terrà a Napoli, nei giorni 23-25 gennaio 2020. Sarà un convegno caratterizzato da una forte apertura internazionale, con una sessione plenaria dedicata alle pubblicazioni scientifiche di area, a cui parteciperanno fra gli altri il Presidente ISA e la Presidente ESA. Nel corso di una tavola rotonda, essi discuteranno con AIS e i sociologi italiani delle prospettive della produzione scientifica nel nostro settore. Un’anticipazione di questi temi è offerta dalla rubrica teoria e ricerca, che si apre con un articolo del Presidente della Federazione spagnola di Sociologia (FES), Manuel Fernández-Esquinas, sui problemi con cui si confrontano le riviste di scienze sociali che pubblicano in lingue diverse dall’inglese. L’autore, che è Direttore dello Spanish Journal of Sociology, prende le mosse dai cambiamenti avvenuti in anni recenti nella valutazione dell’attività scientifica, inserendoli in un trend nel quale giocano un ruolo cruciale i processi di digitalizzazione e di globalizzazione del mercato editoriale. L’analisi prosegue con gli effetti che queste dinamiche hanno sulle riviste di scienze sociali e con le implicazioni implicite in diverse opzioni di politica editoriale: dai problemi legati ai meccanismi di peer review, a quelli di scelta della lingua, alle logiche dell’indicizzazione, sino alla questione dell’open access. Dall’analisi emerge con evidenza la necessità di una strategia editoriale condivisa per la nostra disciplina, al fine di evitare gli effetti non voluti delle trasformazioni in corso nella produzione scientifica.
È proprio in questa direzione che il Direttivo AIS si sta attualmente muovendo. Oltre all’iniziativa organizzata in occasione del Convegno di Napoli, sono in fase avanzata contatti con la casa editrice Sage per la pubblicazione di una rivista internazionale sponsorizzata dalle Associazioni Sociologiche dell’area mediterranea: Francia, Spagna, Grecia e Portogallo, e naturalmente AIS in rappresentanza dell’Italia, riunite in un gruppo all’interno dell’ESA che si chiama RESU. Il progetto mira a dare visibilità internazionale alla Sociologia praticata in paesi non di lingua inglese, offrendo opportunità di pubblicazione in una sede editoriale prestigiosa. Il progetto verrà messo a punto in una riunione di RESU che si terrà a Napoli il 7 e 8 novembre 2019.
Il secondo saggio della rubrica riguarda la mobilità giovanile italiana, con una specifica focalizzazione sui giovani adulti trasferitisi a Berlino. Basandosi su una ricerca empirica che si è sviluppata in più fasi, Marialuisa Stazio illustra le condizioni, i percorsi, le prospettive di questi expats che, benché accomunati da alcuni aspetti dell’esperienza berlinese, sono ben lungi dal costituire un insieme omogeneo. Ne consegue la necessità di usare con cautela l’idea di fuga dei cervelli solitamente associata, dal dibattito pubblico, a queste forme di mobilità. Sussistono, infatti, profonde differenze nelle risorse – linguistiche, economiche, culturali – di cui dispongono i giovani adulti in questione. Differenze che, come mostra l’autrice, hanno determinato percorsi di mobilità eterogenei e continuano a produrre effetti profondi sia sulla condizione attuale di questi soggetti, sia sulla loro capacità di elaborare progetti per il futuro.
Giacomo Lampredi è l’autore del terzo contributo, in tema di emozioni e autopoiesi relazionale. Prendendo spunto da alcune implicazioni derivate dalla teoria dei sistemi complessi, l’articolo propone un’ipotesi di riordino dei concetti di relazione e affettività nelle scienze sociali, adottando una prospettiva che consenta di cogliere l’intima connessione e la capacità auto-generativa di tali concetti. Lampredi intende, in particolare, suggerire che «alcuni concetti, tra cui l’amore, non siano sentimenti e, quindi, proprietà dei soggetti, ma vadano assegnati, su un piano osservativo, a un livello logico più ampio, che è quello della relazione costituita». L’ipotesi è discussa facendo riferimento al pensiero sociologico di autori, quali Simmel, Luhmann, Goffman, Bourdieu, Donati, oltre che alle riflessioni di Bateson e Varela.
Chiude la rubrica un saggio sull’archiviazione dei dati di ricerca nelle scienze sociali, ad opera di Fabio Gaspani, Carlo Pisano e Domingo Scisci. Si tratta di una questione su cui sta convergendo un’attenzione crescente da parte dei ricercatori, sempre più consapevoli, notano gli autori, delle opportunità offerte dai processi di costruzione, conservazione e riutilizzo di materiale empirico, in una prospettiva di data lifecycle. Il saggio illustra le principali strategie utilizzate dagli archivi di dati, fornendo informazioni preziose al fine di sfruttare appieno il supporto che queste infrastrutture garantiscono all’attività di ricerca.
Il tema degli strumenti per l’indagine empirica ricorre anche nel focus di questo numero, dedicato all’utilizzo dei mixed methods nella ricerca di genere e sulle hidden populations. Nella «Introduzione», i curatori Francesco Antonelli e Sergio Mauceri illustrano l’importanza della prospettiva mista per il superamento dei problemi teorico-metodologici che s’incontrano usualmente nella ricerca gender sensitive, con particolare attenzione alle cosiddette popolazioni sommerse, come quelle LGBT. L’occasione per questa riflessione è scaturita da un convegno organizzato dalle sezioni Studi di Genere e Metodologia dell’AIS sul tema «Mixed Methods Research: tra ricerca gender-sensitive e nuove frontiere di indagine nel sociale», che si è svolto il 26 gennaio 2018 presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Roma Tre.
I saggi contenuti nel focus sono la rielaborazione di cinque relazioni presentate al Convegno, concernenti altrettante ricerche empiriche, particolarmente significative delle potenzialità dei metodi misti di indagine. La prima indagine, illustrata dal saggio di Salvatore Monaco, induce a riflettere sulle strategie indispensabili per far emergere le popolazioni nascoste. Nel caso studiato dall’autore, si tratta della popolazione omosessuale napoletana, che è stata analizzata sotto il profilo dell’affettività, delle relazioni interpersonali e della sessualità, rilevabili dalla App per dating «Grindr». In linea di continuità con questa ricerca, si colloca il secondo contributo, di Eugenia De Rosa e Francesca Inglese, relativo alle discriminazioni nel mondo del lavoro cui sono soggette persone LGBT+, che sono state oggetto di una ricerca ISTAT, in collaborazione con l’Ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali. Il saggio mostra come, coniugando studi LGBT+ con mixed methods e un approccio intersezionale, si possano compiere considerevoli progressi nella conoscenza dei fenomeni discriminatori. Francesca Aureli, nel terzo contributo, esplora le opportunità di intervento, oltre che di conoscenza, offerte dalla combinazione di strategie d’indagine standard e non standard, nell’azione che i centri antiviolenza sviluppano con le donne oggetto di violenza domestica. Ulteriori vantaggi nell’applicazione di strategie miste d’indagine sono presentate dagli ultimi due saggi. Amalia Caputo, Cristiano Felaco e Salvatore Monaco presentano i risultati di una ricerca sulla partecipazione politica dei giovani, nel corso della quale la prospettiva mixed methods ha consentito di mettere a fuoco repertori d’azione e spazi di confronto lontani dai canali tradizionali. In tal modo, è stato possibile individuare una tensione alla partecipazione politica – seppure in forme nuove – che normalmente sfugge alle indagini sui giovani. Da Milena Gammaitoni, infine, giunge una riflessione sulle donne nel mondo dell’arte, la cui presenza è solitamente «dimenticata» dalla storiografia. Grazie a una ricerca che si è avvalsa di una pluralità di tecniche – storica, sociologica, statistica e artistica –, l’autrice mette in risalto l’importanza di tale presenza, mostrando come, sin dal Medioevo, le donne artiste siano state protagoniste autorevoli e stimate, testimoni attente della società in cui sono vissute.
Il numero di Ottobre della Rivista si chiude con l’intervista, curata da Lorenzo Migliorati, a Christian Baudelot, noto sociologo francese, cui si devono, fra gli altri, importanti studi sulle discriminazioni sociali in campo educativo e nel mondo del lavoro, oltre che in tema di suicidio. Attualmente Professore emerito presso l’École Normale Supérieure di Parigi (ENS), Baudelot ha insegnato in diverse università francesi, dove ha assunto ruoli istituzionali di rilievo e ha compiuto esperienze didattiche e di ricerca in numerosi atenei internazionali. Nell’intervista, egli si sofferma particolarmente sugli esordi della sua carriera accademica, iniziata con un incontro fortuito con Pierre Bourdieu, del quale è stato allievo e collaboratore negli anni cruciali della propria formazione sociologica. Di particolare interesse nell’esperienza dello studioso è il suo legame con l’École Normale Supérieure, al cui interno egli si colloca come il continuatore della tradizione sociologica francese, nella quale si sono susseguite personalità di rilievo, unite dal filo rosso dell’appartenenza all’ENS: da Durkheim ad Halbwachs, a Bouglé, Aron, Touraine, Boudon, Bourdieu, Passeron, sino alla generazione di Baudelot. Si tratta di un’istituzione che ha offerto a tali studiosi il terreno fertile, dove coltivare passioni e interessi per questioni visibili solo quando ci si colloca ai confini, ai margini tra i saperi: il punto in cui, nota Baudelot, le scoperte prendono corpo con maggiore intensità che altrove.