AIS

2018/11

La solidarietà connettiva: co-working e la ricomposizione del lavoro creativo (Connective solidarity: co-working and the reconstruction of creative work), di A. Arvidsson e E. Colleoni


Negli ultimi anni, il fenomeno del co-working ha attirato una crescente attenzione da parte di ricercatori e policy maker . Secondo molti di questi osservatori il co-working rappresenta un modo per ri-socializzare un lavoro creativo finora precario e frammentato, e secondo alcuni addirittura per dotarlo di una nuova soggettività politica. I co-working space sarebbero luoghi non solo di lavoro ma anche di ricomposizione di un nuovo soggetto sociale, capace di esprimere una nuova forma di solidarietà. In questo articolo, presentiamo un’analisi delle nuove forme di socialità e solidarietà che stanno emergendo nei co-working space milanesi. Il nostro ragionamento si basa sui risultati di un sondaggio con 68 risposte e 22 interviste qualitative condotte tra l’estate e l’autunno del 2014 con i co-worker attivi nei 24 spazi all’epoca censiti dal Comune di Milano. In questa ricerca, vogliamo suggerire che il co-working ha indubbiamente generato ricadute positive sulla situazione economica dei co-worker , ma questo risultato dipende in misura minore da effetti sinergici o da innovazioni derivanti dalla collaborazione fra attori altamente specializzati e maggiormente dalla capacità di mettere in moto un processo di socializzazione professionale tramite cui, soprattutto nel caso dei più giovani, i co-worker riescono ad acquisire un’identità e una capacità tali da poter sopravvivere individualmente su un mercato caratterizzato da bassi redditi e da alti gradi di insicurezza. A questa natura individualizzata dell’attività produttiva dei co-worker corrisponde la natura « connettiva » anziché collettiva della loro socialità, perché è vero che i co-worker condividono valori alternativi a quelli dominanti, ma essi non sono radicati in un forte tessuto relazionale e portano molto raramente a forme di solidarietà pratica. Più che una ricomposizione del lavoro cognitivo in forma collettiva, si delinea un ethos che rinforza e legittima la costituzione dei co-worker come soggetti singoli che agiscono individualmente sul mercato.

In this article, we analyse forms of solidarity that emerge in co-working spaces. Drawing on interviews, fieldwork and a survey of co-working spaces in Milan, we suggest that most co working spaces are characterised by what we call «connective solidarity». Co-working spaces do not generate collective solidarity based on interdependence and dense social interaction. Rather they serve to socialize knowledge workers, by creating a professional identity and habitus. As part of this process, co-working spaces foster individual identification with common values that point beyond the economic rationale of neoliberal capitalism. Rather than collective action, these ideals further a common ethos, that justify market action as an individual ethical practice.

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  • Articolo
  • pp:11-30
  • DOI: 10.1485/AIS_2018/11_3434158
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