Editoriali

07/05/2019

Enrica Amaturo, Marita Rampazi

Editoriale (n.13 2019)


Nell’ottobre 2018, si è tenuto a Catania il convegno AIS di metà mandato «La sociologia e le società europee: strutture sociali, culture e istituzioni». Questa edizione di un appuntamento tradizionale nella vita dell’Associazione, però, ha visto una significativa innovazione: per la prima volta, l’incontro è stato co-organizzato con due Research Networks della European Sociological Association (ESA), RN26 – Sociology of Social Policy e Social Welfare e RN27 – Regional Network Southern European Societies.

Questa scelta è nata dalla convinzione che sia sempre più necessario un lavoro comune che coinvolga tutti i sociologi europei – e gli scienziati sociali in genere – per cercare soluzioni globali ai problemi globali che stiamo affrontando, che a volte sembrano mettere in discussione l’idea stessa di un’Europa unita. La decisione del Direttivo si è rivelata lungimirante: la partecipazione è stata molto alta e, da più parti, ci sono stati espressi compiacimento e soddisfazione sia per i temi al centro della discussione sia per il respiro internazionale, con molti inviti a proseguire in questa direzione da parte di studiosi italiani e stranieri. Per questo, vorremmo cogliere l’occasione per ringraziare ancora una volta i colleghi di Catania, il cui lavoro è stato fondamentale per il successo dell’iniziativa.

Al di là dell’ottimo lavoro delle sezioni, momenti qualificanti sono stati le plenarie di apertura e chiusura del convegno. La prima tavola rotonda, presieduta da Manuel Fernandez-Esquinas, coordinatore di RN27, ha affrontato un tema proposto dalla Presidente ESA Sue Scott, la disarticolazione del concetto di Nord e le prospettive delle società sudeuropee, mettendo a confronto studiosi di provenienza diversa su temi comuni; nel dibattito, la Presidente AIS ha avuto occasione di mettere in luce il contributo della sociologia italiana nell’affrontare le questioni nodali che investono oggi l’Europa. Una sintesi dell’intervento è pubblicata in apertura della rubrica teoria e ricerca di questo numero. La sessione conclusiva del Convegno è stata dedicata all’impatto del ciclo elettorale 2017-18 sulle società europee, tema «caldo», che ha suscitato un ampio dibattito, a partire dalla relazione del politologo Mauro Calise «L’Europa contro. Scenari populisti venturi», che contiamo di pubblicare in un prossimo numero.

Il secondo contributo ospitato dalla rubrica teoria e ricerca affronta il tema del comportamento violento, considerato come l’esito di un processo, la cui analisi costitui­sce tuttora una sfida per le tradizionali categorie socio-criminologiche. La risposta a questa sfida è il motivo conduttore della conversazione che Lorenzo Natali e Adolfo Ceretti intrattengono con Lonnie Athens, uno dei più originali studiosi di tale fenomeno in ambito anglosassone. La conversazione verte su alcuni fra gli aspetti più innovativi del suo pensiero, in particolare sulla teoria della «violentizzazione» e la prospettiva «interazionista radicale» entro cui essa si colloca. Athens ne precisa i contorni e ne ricostruisce lo sviluppo nel corso della sua lunga attività scientifica, caratterizzata da una costante interazione fra riflessione teorica e indagine empirica: dalle prime ricerche sulla violenza, alla formulazione della teoria della violentizzazione, sino a una più generale teoria del conflitto e della violenza, nella quale l’autore effettua, fra l’altro, un interessante recupero delle tesi simmeliane sul dominio.

I successivi tre saggi riportano l’attenzione su alcune grandi questioni irrisolte della società europea contemporanea. I primi due declinano, da prospettive differenti, il tema delle migrazioni, mentre il terzo riguarda le disuguaglianze di genere.

Maurizio Ambrosini e Deborah De Luca («A case of inequality in the labour market: the situation of EU and non-EU migrants») studiano gli effetti della crisi economica del 2008 sulla condizione dei migranti nel mercato del lavoro europeo, avendo riguardo alle disuguaglianze esistenti rispetto ai rischi di disoccupazione, perdita di prestigio occupazionale e abbassamento dei livelli di reddito. L’analisi considera separatamente i migranti di origine europea e gli extracomunitari presenti in diversi paesi membri dell’UE mettendo in luce, per un verso, l’eterogeneità della loro condizione nei differenti contesti nazionali e, per altro verso, i vantaggi di cui godono ovunque i migranti europei, rispetto a chi proviene da paesi terzi.

Il tema delle migrazioni si ritrova nel saggio di Damiano Razzoli e Matteo Rinaldini («Dispositivi d’inclusione. L’agency in gioco nei documenti di governance delle migrazioni a Reggio Emilia»), riguardante la gestione del fenomeno migratorio da parte degli enti pubblici. Gli autori muovono dalla considerazione che, oggi, le politiche di governance del fenomeno mettono in primo piano il ruolo delle città e delle loro amministrazioni, coinvolgendo una molteplicità di attori – pubblici e privati –, su più livelli di negoziazione e interazione. In questa prospettiva, essi propongono un’analisi degli strumenti di governo locale – nello specifico, le delibere di Giunta del Comune di Reggio Emilia nel periodo 2004-2018 –, basata sulla actor-network-theory, con l’obiettivo di capire in che modo tali strumenti contribuiscano a caratterizzare e posizionare le amministrazioni pubbliche, i soggetti e i cittadini.

Fra le disuguaglianze che l’Europa deve affrontare, quella di genere costituisce un antico problema, che continua a essere particolarmente acuto in alcuni Paesi, come l’Italia. Il saggio di Ilaria Di Tullio, su «Donne scienziate in STEM: l’influenza di fattori culturali sulla costruzione dell’identità di ruolo», verte sui meccanismi di segregazione orizzontale e verticale nelle professioni scientifiche, che tuttora penalizzano le donne sia nelle scelte formative, sia nelle progressioni di carriera. In particolare, attraverso un’indagine qualitativa sulle ricercatrici del CNR, l’autrice mostra come tali meccanismi s’intreccino con la costruzione identitaria dei soggetti, a partire dal grado di percezione della propria self-efficacy.

La rubrica focus di questo numero, curata da Emiliano Grimaldi, è dedicata al tema «Il sapere sociologico e la valutazione nella scuola», oggetto di un convegno promosso dalle Sezioni AIS Metodologia e Sociologia dell’educazione, presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II, che ha avuto luogo il 25 e 26 ottobre 2017. Come precisa il curatore della rubrica nell’introduzione, l’attenzione si concentra sul contributo che la sociologia può offrire al dibattito sulla valutazione in campo educativo, prendendo in considerazione tre diversi aspetti del problema. Il primo, relativo alla necessità della scuola di affrontare con maggiore decisione e consapevolezza la questione delle disuguaglianze sociali, è analizzato da Mauro Palumbo e Valeria Pandolfini («Scuola e disuguaglianze: apprendere dalla valutazione?»). Il secondo riguarda l’esigenza, per gli educatori, di problematizzare i processi e le dinamiche che sono alla base dell’attribuzione dei voti scolastici ed è oggetto del contributo di Orazio Giancola («Che voto mi dai? Le dinamiche che costruiscono i risultati scolastici»). Il terzo si riferisce agli spazi dialogici – professionale, di policy, della critica e pubblico – che la sociologia può abitare e mettere in comunicazione, come argomenta il saggio di Emiliano Grimaldi su « La valutazione della scuola in Italia. Un esercizio di vigilanza epistemica».

Il numero si chiude con l’intervista, curata da Massimo Pendenza, ad Alberto Martinelli, uno dei sociologi italiani più noti a livello internazionale. Professore emerito di Scienza Politica e Sociologia presso l’Università statale di Milano, Martinelli ha svolto per quasi quarant’anni un’intensa attività di insegnamento universitario, non solo in Italia, ma anche presso prestigiosi atenei stranieri; ha compiuto importanti lavori di ricerca, pura e applicata, pubblicando numerosi libri, saggi e articoli; ha assunto rilevanti incarichi istituzionali, particolarmente a livello internazionale, fra cui quello di Presidente della International Sociological Association (ISA) e Presidente dell’International Social Science Council (ISSC). Nell’intervista, Martinelli ricostruisce gli esordi della sua attività di sociologo; illustra il suo interesse per la società americana; approfondisce alcune fra le principali questioni su cui si è concentrato il suo lavoro teorico e di ricerca; illustra i numerosi progetti nei quali è tuttora impegnato. Nella parte conclusiva, dopo aver evocato le difficoltà crescenti che le scienze sociali devono affrontare oggi, Martinelli si rivolge ai giovani, invitandoli a essere «motivati, curiosi e intellettualmente ambiziosi, formati con studi approfonditi, dotati di intelligenza critica, aperti alla collaborazione interdisciplinare e capaci di dare risposte scientificamente fondate alle grandi questioni dell’agenda politica globale, dalla gestione non violenta dei conflitti al contrasto di disuguaglianze e povertà, dalla difesa dell’ambiente al rispetto per le diverse culture». 

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