AIS

La pratica performativa implica l’intersezione tra corpo, azione e riflessione in una sintesi rappresentativa nella quale l’individuo sperimenta le forme stesse del vivere collettivo. La tesi di questo saggio è che la consapevolezza nell’epoca della società globale e digitale possa essere recuperata a partire dall’esperienza congiunta tra corpo, azione e riflessione. Il processo emozionale e riflessivo che ne è alla base può di fatto produrre esperienza. Quell’esperienza che per la Scuola di Francoforte viene perduta nella e con la cultura mercificata. L’esperienza evenemenziale diventa, così, il luogo di fondazione del nuovo possibile e delle nuove forme collettive di realtà in virtù delle emozioni che risvegliano all’importanza della presenza e dell’effervescenza che pervade gli individui in una pratica collettiva e ne fa «cadere» le distanze individuali in favore di forme di coesione e vicinanza inedite. La dimensione emotiva può recuperare il senso della compresenza umana e trasformare la partecipazione sociale in strumento di resistenza critica nei confronti di pratiche impersonali e disumanizzanti? L’articolo svilupperà questa ipotesi attraverso l’esposizione di due casi nei quali l’arte assume un ruolo attivo nella società: il primo caso, quello delle Pussy Riot, viene presentato come caso in cui l’arte anticipa e denuncia la perdita di diritti sociali e umani; nel caso del Borderland Foundation si presenta invece un gruppo di artisti che lavora al confine territoriale tra Bielorussia e Russia nel tentativo di rielaborare il vissuto come delineato dal lavoro pioneristico di Gloria Anzaldua (2012) al confine tra il Messico e il Texas negli Stati Uniti. 

Performative practice involves the intersection between body, action, and reflection in a representative synthesis in which the individual experiences the very forms of collective living. The thesis of this essay is that awareness in the age of global and digital society can be recovered from the joint experience of body, action, and reflection. The emotional and reflective process underlying this can, in fact, produce experience. This is the experience that, according to the Frankfurt School, is lost in and with commodified culture. The eventful experience thus becomes the foundation of the new possible and of new collective forms of reality by virtue of the emotions that awaken the importance of presence and the effervescence that pervades individuals in a collective practice and makes individual distances «fall» in favor of new forms of cohesion and closeness. The emotional dimension can recover the sense of human co-presence and transform social participation into an instrument of critical resistance against impersonal and dehumanizing practices. The article will develop this thesis by presenting two cases in which art plays an active role in society. The first case, that of Pussy Riot, is presented as a case in which art anticipates and denounces the loss of social and human rights; the case of the Borderland Foundation, on the other hand, presents a group of artists working on the border between Belarus and Russia in an attempt to rework the experience as outlined by the pioneering work of Gloria Anzaldua (2012) on the border between Mexico and Texas in the United States.