AIS

2020/15

Editoriale (Editorial), di E. Amaturo e M. Rampazi


Questo numero di Sociologia Italiana segna il congedo della Direzione attuale: come previsto dallo Statuto dell’AIS, infatti, la Direzione della Rivista verrà assunta dalla nuova Presidente e il Direttivo provvederà al rinnovo del Comitato di redazione. In questo caso, il cambiamento sarà più evidente perché, nel precedente passaggio di consegne, si era optato per una condivisione della Direzione, fra Presidente dell’Ais e Direttrice uscente, in modo da garantire un’indispensabile continuità nella gestione della Rivista.

La rubrica teoria e ricerca, anche in questo numero, testimonia la vocazione pluralistica e aperta della Rivista. Il primo articolo – «Il cristallo incrinato: il caso dei Direttori e delle Direttrici dei Dipartimenti universitari italiani» –, di Carla Facchini, presenta alcuni dati di un’indagine quantitativa condotta in Italia, sulla governance universitaria, prendendo in considerazione, fra l’altro, i giudizi espressi da Direttori e Direttrici di Dipartimento circa i mutamenti prodotti dalla legge Gelmini. In particolare, l’Autrice si sofferma sulle differenze di genere nell’accesso e nella gestione di questi ruoli apicali, assumendo come riferimento il percorso professionale di Direttori/Direttrici di Dipartimento e le loro valutazioni su modalità, difficoltà, risorse, connesse ai processi decisionali che sono chiamati/e a gestire. Si tratta di un’analisi di grande interesse nel contesto italiano, che sta conoscendo importanti trasformazioni, non solo per la crescente incidenza femminile fra studenti e docenti, ma anche per i mutamenti normativi che hanno inciso profondamente sulla vita degli atenei.

Il modo in cui lo sviluppo di Internet ha modificato il dibattito nella sfera pubblica è oggetto del secondo saggio, di Fiammetta Corradi, su «Assessing the quality of argumentation in digital public spheres: a case study from Twitter@debatingeurope». Assumendo come riferimento la prospettiva habermasiana sulla qualità delle argomentazioni nelle sfere pubbliche democratiche, l’Autrice propone una metodologia basata sulla rivisitazione del modello di analisi del discorso elaborato da Tulmin, per mettere a fuoco una molteplicità di aspetti connessi alla «qualità» dei dibattiti pubblici online. La capacità del modello di cogliere le novità emergenti è testata con l’analisi di un caso specifico: quello degli argomenti «pro e contro l’Europa» presenti nel dibattito ospitato dalla piattaforma «Twitter@debatingeurope», in vista delle elezioni europee dello scorso anno.

Sempre di tipo qualitativo, benché realizzata con strumenti differenti, è la ricerca illustrata nel terzo contributo, «Neoliberal education reforms, student activism and youth conditions in Italy. Findings from a case study on three Italian student organisations», di Lidia Lo Schiavo. Scopo dell’Autrice è mettere in luce i caratteri costitutivi delle politiche neoliberiste nell’ambito dell’education, il loro nesso con le politiche sociali e del lavoro e la capacità di reazione in termini di protesta da parte di gruppi specifici di giovani, con particolare riferimento al caso italiano. L’indagine, condotta su tre organizzazioni studentesche italiane, si basa su: interviste in profondità a militanti e responsabili di tali organizzazioni, analisi di documenti prodotti e siti web, partecipazione diretta a eventi, campi estivi e assemblee. Le tre organizzazioni sono analizzate in ordine alle loro dinamiche mobilitative, alla costruzione della loro soggettività, al tipo di opposizione che esse esercitano rispetto agli effetti delle politiche neoliberiste sulle condizioni di vita dei giovani.

Segue il saggio di Luca Guizzardi, dal titolo «“Facciamo un figlio?”. La presenza del Terzo nel progetto di due mamme o di due papà di avere un figlio». L’Autore prende le mosse dalle teorie di Anthony Giddens sulle trasformazioni dell’intimità, per capire se e in quale misura i due aspetti caratterizzanti della «sessualità duttile» – la riproduzione slegata dall’attività sessuale e la pacificazione tra i sessi – siano applicabili alle coppie omosessuali che progettano di avere un figlio. In particolare, il saggio si sofferma sulla presenza del Terzo (donatore/trice), il ricorso al/la quale è inevitabile, sia per due madri lesbiche sia per due padri gay: una figura che introduce questioni non previste dal modello di Giddens, stimolando lo sviluppo – sotto certi aspetti diverso per gay e lesbiche – di dinamiche molto interessanti all’interno della coppia.

A chiusura della rubrica, il contributo «La norma tecnica UNI 11695:2017: opportunità e sfide per la professione del sociologo», di Leonardo Benvenuti, Carmelo Bruni, Patrizia Magnante, Annamaria Perino, affronta un problema cruciale per chi esercita – o intende esercitare – la professione sociologica: quello della certificazione. La questione, rimasta irrisolta per molto tempo, si è sbloccata, grazie all’iniziativa di cinque associazioni di sociologi – AIS, ANS, SoIS, AIST e SISS –, le quali hanno operato in stretta sinergia, ottenendo, nel novembre 2017, la pubblicazione della norma tecnica UNI 11695:2017. Grazie a questo risultato, esito di un lungo e complesso percorso, oggi è possibile per un laureato in Sociologia ottenere un’assicurazione scritta di conformità rispetto ai requisiti che il sociologo deve possedere per svolgere la propria professione. L’articolo illustra gli aspetti essenziali della norma tecnica, il percorso compiuto per ottenerla, il suo significato, il ruolo dell’aggiornamento professionale e della formazione nel nuovo quadro che si è creato.

La rubrica focus, secondo una consuetudine consolidata, è dedicata al Congresso di fine mandato dell’AIS, svoltosi a Napoli, nei giorni 23-25 gennaio 2020. Non è stato possibile pubblicare la molteplicità di interventi che hanno animato il Congresso, per ragioni sia di spazio sia di tempi necessari alla loro rielaborazione. Abbiamo, così, scelto di ospitare, oltre alla relazione della Presidente, Enrica Amaturo, alcune fra le introduzioni più interessanti ai dibattiti delle assemblee plenarie.

Giovanni Boccia Artieri è stato uno dei relatori della prima plenaria, dedicata al tema «L’Algoritmo: Sociologia e informatica». Il testo che pubblichiamo – «Fare Sociologia attraverso l’algoritmo: potere, cultura e agency» – sviluppa una critica agli immaginari «ingenui e critici» sul «potere dell’algoritmo», che hanno dato luogo a un’idea sociale di «algoritmo come black box». All’analisi della centralità degli algoritmi nei processi sociali contemporanei e degli immaginari che si sono sviluppati, segue la dimostrazione della «fallacia teorica e operativa dell’algoritmo come scatola nera». Da ultimo, Boccia Artieri mostra la necessità di adottare una prospettiva che metta in luce «la natura plurale dell’assemblaggio algoritmico», sottolineando l’importanza di valorizzare la dimensione dell’agency, tramite un approccio «biopolitico» che consenta di superare l’idea di algoritmo come contenitore, dotato di un potere intrinseco.

Alla terza sessione plenaria, su «La Valutazione: Sociologia e Ingegneria Gestionale», si riferiscono, invece, i saggi di Roberto Moscati e Mauro Palumbo. Il primo illustra le conseguenze impreviste dei sistemi di Assicurazione della Qualità nell’istruzione superiore, frutto di politiche neo-liberali, tese ad applicare le logiche del mercato ai sistemi formativi. Moscati riflette, in particolare, su due questioni. La prima è il conflitto che si viene a creare fra queste forme di controllo esterno e i valori deontologici della comunità accademica. La seconda riguarda l’influenza che la nuova categoria di valutatori esercita sulla distribuzione del potere nelle università. Il contributo di Mauro Palumbo prende le mosse da una sintesi degli aspetti salienti dell’approccio sociologico e di quello dell’Ingegneria gestionale, per poi entrare nel merito delle differenze fra i due relativamente al caso specifico della valutazione negli atenei. Secondo l’Autore, le differenze nascono da una diversa propensione a problematizzare il tema della coerenza tra criteri e finalità della valutazione. Si tratta di un tema centrale in prospettiva sociologica, mentre sembra rivestire scarso interesse per l’Ingegneria gestionale, maggiormente concentrata «sui processi» e la valorizzazione degli aspetti tecnici, con la conseguenza di mettere in ombra gli effetti che tali processi hanno sull’intero sistema universitario.

L’intervista di questo numero è dedicata ad Alberto Abruzzese, uno dei più autorevoli studiosi italiani della comunicazione, cui si devono importanti contributi sull’industria culturale e l’immaginario dei consumi mediali. La sua carriera si è snodata dall’Università Federico II di Napoli, all’Università La Sapienza di Roma, allo IULM di Milano, oltre a caratterizzarsi per la collaborazione con prestigiosi atenei internazionali e numerose attività di ricerca e consulenza per enti, pubblici e privati. Come nota il curatore, Davide Borrelli, l’intervista ripercorre le principali tappe della sua formazione e del suo «magistero di studioso dei media, nel cruciale snodo antropologico dai linguaggi audiovisivi di massa all’emergenza delle reti digitali». Dopo aver illustrato le ragioni del suo impegno, teso a porre i temi della comunicazione in rapporto alla società e ai conflitti politici, Abruzzese approfondisce il senso della «svolta mediologica», di cui è stato autorevole interprete, superando i tradizionali approcci della Sociologia della comunicazione. L’ultima parte di questa densa intervista è dedicata al destino delle istituzioni formative nel campo delle scienze umane, chiamate a fronteggiare una crisi – per altro, generalizzabile agli studi universitari nel loro insieme –, che Abruzzese riconduce allo sviluppo di «vocazioni senza destino professionale e professioni senza basi vocazionali».

 

Congedandoci dai nostri lettori, autori e referees, vorremmo sottolineare come, nell’arco relativamente breve di tempo dalla sua fondazione, Sociologia Italiana – Italian Journal of Sociology abbia compiuto un enorme percorso, arrivando a costituire una presenza importante nel panorama scientifico disciplinare, caratterizzandosi per la sua apertura a contributi epistemologicamente, concettualmente e metodologicamente plurali. Di questo percorso troverete una sintesi nella relazione di fine triennio pubblicata nel focus, e una descrizione analitica in un testo pubblicato in evidenza sul sito AIS.

Il successo crescente della Rivista viene oggi sancito dal suo ingresso nella lista della Fascia A pubblicata dall’Anvur. Il nostro auspicio è che la Rivista continui a crescere, nel solco tracciato in questi anni, contribuendo così allo sviluppo di un dibattito disciplinare aperto e fruttuoso.

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