Per il Professor Tomelleri le riforme tecniche non sono sufficienti per ritrovare la speranza, che diventa la sfida più urgente
“Il Rapporto dell’Istat sul 2025 fotografa un’Italia rassegnata, che ha perso la speranza nel proprio futuro. I dati riportati indicano che i salari sono stagnanti, la produttività in ritardo, il tasso di occupazione è il più basso d’Europa ed è diffuso il rischio povertà, che coinvolge quasi un quarto della popolazione. Soprattutto, la crescita economica rallenta mentre si acuiscono le disuguaglianze sociali, generazionali e di genere, con il Mezzogiorno che continua a essere escluso dalle traiettorie di sviluppo. Ciò che traspare dai dati, da un punto di vista sociologico, è una crisi profonda. Quella, appunto, della fiducia nel futuro”.
Lo afferma il Professor Stefano Tomelleri, Presidente dell’Associazione italiana di sociologia e Prorettore dell’Università degli studi di Bergamo commentando il Rapporto annuale dell’Istat.
“I sintomi di questa crisi sono particolarmente evidenti – prosegue Tomelleri- guardando alle categorie dei giovani e delle donne. I primi, seppur istruiti, troppo spesso faticano a trovare sbocchi coerenti con i loro percorsi, mentre le donne sono ancora oggi penalizzate all’interno del mercato del lavoro. Un altro sintomo dell’attuale situazione è riscontrabile nelle carenze del sistema di formazione, istruzione e ricerca. Queste, difatti, dovrebbero essere le leve strategiche per colmare il divario tra competenze e opportunità. Il senso di rassegnazione – prosegue il Presidente dell’Ais – non è quindi solo economico, legato alla stagnazione, ma anche sociale e culturale: l’Italia sembra aver smarrito la speranza che il cambiamento sia possibile. La mobilità sociale si è inceppata, e con essa la speranza che l’impegno personale possa tradursi in progresso di tutto il Paese. Ritrovare questa speranza diventa quindi la sfida più urgente. Non bastano, dunque, le riforme tecniche: serve una visione che rimetta al centro il valore del lavoro, della conoscenza e della coesione. Solo così l’Italia potrà tornare a credere in sé stessa”.