Statement

28/02/2025

Paolo Diana & Giovannipaolo Ferrari

Michael Burawoy: la sociologia come strumento di impegno e trasformazione sociale


Il 3 febbraio scorso, all’età di 77 anni, ci ha lasciato Michael Burawoy, uno dei sociologi più influenti del nostro tempo. La sua eredità non è solo accademica, ma profondamente politica e sociale: il suo pensiero continua a ispirare chi crede nella capacità trasformativa della sociologia, intesa come pratica critica e partecipativa.

Nato nel 1947, Burawoy ha attraversato arcipelaghi e paradigmi teorici, coniugando un rigoroso approccio etnografico con l’analisi marxista e la sociologia comparata. Dopo essersi formato a Cambridge e aver condotto ricerche in India, Zambia e Sudafrica, ha consolidato la sua carriera accademica negli Stati Uniti, con un dottorato di ricerca a Chicago. Successivamente ha ripreso a fare ricerca sul campo in Ungheria e Russia. Infine, è ritornato negli Stati Uniti dove ha occupato la cattedra di Sociologia per decenni all’Università della California, Berkeley.

Il suo pensiero si è espresso in una serie di opere fondamentali, che hanno segnato e segnano il dibattito sociologico globale. La sua opera più celebre, Manufacturing Consent (1979), ha rivoluzionato lo studio della classe operaia e dei rapporti di produzione analizzando, in particolare, il modo in cui il consenso nei luoghi di lavoro non è solo imposto, ma costruito attraverso articolate dinamiche di potere e resistenza. Con The Politics of Production (1985), ha mostrato come i regimi produttivi non siano determinati solo da fattori economici, ma da specifiche configurazioni politiche e culturali. In The Radiant Past (1992) e Uncertain Transition (1999), ha esplorato le trasformazioni post-socialiste, dimostrando come il capitalismo non sia un modello uniforme, ma un processo negoziato in ogni contesto. Il suo incontro con il pensiero di Karl Polanyi, poi, lo ha portato a riflettere sulla “terza ondata di mercatizzazione” e sull’importanza di costruire alternative al neoliberismo.

Burawoy ha anche sviluppato una prospettiva unica dal punto di vista metodologico, basata sulla rielaborazione dell’Extended Case Method (2009) della Scuola di Manchester di Max Gluckman, un approccio che coniuga analisi empirica e teoria critica per comprendere in profondità le dinamiche del lavoro e del capitalismo globale. Il suo metodo, radicato nell’observant participation, ha permesso, inoltre, di mettere in luce le dinamiche complesse che regolano i rapporti di produzione, quelle che egli stesso definisce “making out”, un vero e proprio “gioco sociale” in cui i lavoratori non sono meri esecutori, ma soggetti attivi nella negoziazione del loro spazio all’interno del sistema produttivo. Successivamente, la sua opera e la sua azione politica hanno avuto un impatto globale ancora maggiore sulla nostra comunità quando ha portato avanti strenuamente, prima come presidente dell’American Sociological Association (ASA) nel 2004 e poi come presidente dell’International Sociological Association (ISA) dal 2010 al 2014, lo sviluppo della Sociologia pubblica. Un’idea di sociologia che esce dai confini accademici per interagire con la società civile, i movimenti sociali e le istituzioni, contribuendo attivamente alla trasformazione della realtà sociale. Per Burawoy, la sociologia non può limitarsi a descrivere il mondo: deve partecipare al suo cambiamento.

Il pensiero di Burawoy rimane più attuale che mai e si lega ai nomi di W.E.B. Du Bois, Antonio Gramsci, Pierre Bourdieu e Erik Olin Wright. In un’epoca di crescenti disuguaglianze, crisi ambientali e trasformazioni del lavoro, la sua visione della sociologia come strumento critico e militante è un’eredità preziosa, un invito a non rassegnarsi alla neutralità e a costruire nuove prospettive di cambiamento. La sua scomparsa non segna una fine, ma una sfida per il futuro: portare avanti una sociologia che non si limiti a osservare, ma che agisca, denunci e trasformi. Come egli stesso scrisse: «La sociologia […] non può rinunciare ai suoi impegni utopici e anti-utopici: esporre le possibilità entro i limiti e quindi espandere i limiti del possibile» (Burawoy 2025: 179). Michael Burawoy non è solo un capitolo della storia della sociologia: è un orizzonte vivo che continua ad aprirsi davanti a noi e ad ispirare il nostro lavoro di ricercatori.

Rest in Power, Michael. 

Riferimenti bibliografici

Burawoy, Michael. 2025. Sociologia Pubblica (a cura di G. Ferrari e P. Diana). Milano: Mondadori University. (Op. or. Public Sociology, Polity Press, 2021).

Burawoy, Michael. 2009. The Extended Case Method: Four Countries, Four Decades, Four Great Transformations, and One Theoretical Tradition, Berkeley: University of California Press.

Burawoy, Michael. 1985. The Politics of Production: Factory Regimes under Cap- italism and Socialism, London: Verso.

Burawoy, Michael. 1979. Manufacturing Consent: Changes in the Labor Process under Monopoly Capitalism, Chicago: University of Chicago Press.

Burawoy, Michael, Lukács, János. 1992. The Radiant Past: Ideology and Real- ity in Hungary’s Road to Capitalism, Chicago: University of Chicago Press.

Burawoy, M., Verdery, Katherine. 2000. Uncertain transition: Ethnographies of change in the postsocialist world. Rowman & Littlefield Publishers.

Immagine4