Se noi fossimo la zecca di Jacob von Uexküll, che vive in un ambiente molto più elementare e determinato del nostro, non avrebbe senso interrogarci sul rapporto sussistente tra l’ambiente al cui interno ci muoviamo e le nostre rappresentazioni dello stesso, cioè lo «pseudo-ambiente» di cui parla Lippmann. Quest’ultima è una problematica che deriva dalla scarsa specializzazione e dall’estrema plasticità dell’animale homo sapiens e delle società umane, nel loro rapporto con gli altri uomini e i rispettivi ecosistemi. Il presente articolo inserisce il discorso di Lippmann nel quadro di una più ampia prospettiva antropologica, che include al proprio interno autori come Arnold Gehlen, Jacob von Uexküll, Kenneth Boulding ed Edgar Morin, attenti comunque alla dimensione ecologica e al ruolo dei fenomeni mentali e culturali all’interno della stessa. L’articolo si conclude attraverso un esame dell’ecologia della paura che si diffonde nelle città americane tra gli anni Sessanta e Settanta, prodotto del circolo vizioso tra politica, media e opinione pubblica, che Lippmann analizzava con grande lucidità cent’anni or sono.
Parole chiave: opinione pubblica, stereotipo, pseudo-ambiente, ecologia umana, ghetto